«In quella fabbrica c’era radioattività». Decine di operai piombano nell’incubo

Per anni hanno lavorato senza precauzioni. Indaga la Procura

In corsia (foto d'archivio)

In corsia (foto d'archivio)

Grosseto, 12 ottobre 2014 - RADIOTTIVITÀ. Fuori dai parametri consentiti dalla legge. E’ quanto avrebbe accertato la Procura di Grosseto nell’ambito di un’inchiesta che riguarda la Huntsman Tioxide, l’azienda scarlinese che si trova nella piana del Casone, a Scarlino; colosso chimico mondiale che si occupa della lavorazione del biossido di titanio. L’indagine è iniziata qualche tempo fa. E' stata la polizia giudiziaria ad accertare, dopo un primo riscontro dei dati in possesso, che qualcosa non andava nel ciclo produttivo del biossido titanio. Numeri che in un primo momento sembravano normali, ma che un’indagine più approfondita ha fatto apparire fuori legge, secondo la magistratura. E quei parametri riguardano la percentuale di radioattività: superiore alla norma. Sembra, infatti, dopo accertamenti molto più accurati, anche grazie all'aiuto di esperti, che qualcosa non funzioni a dovere nel ciclo produttivo.

Non tanto per il prodotto finito, il biossido di titanio (il comune pigmento «bianco» utilizzato nella chimica per fare qualsiasi cosa di quel colore), quanto nel ciclo di lavorazione. Sarebbe stato accertato che determinati punti dell'impianto presentano concentrazioni di radioattività fuori dalla norma tanto che per il loro smaltimento è necessario il trattamento come rifiuti radioattivi. Radioattività che è stata rilevata dopo qualche anno dalla loro istallazione: dai filtri, ai silos, fino anche ai tubi veri e propri che quotidianamente vedono passare al loro interno la materia prima che si trasforma in biossido di titanio. In quantità che potrebbero non essere tollerate dall’organismo umano che è quindi esposto a rischio per la salute. Ma non solo. Un ciclo produttivo che dai primi anni del duemila (quasi 14 anni) non è mai stato cambiato. Nessuno dei vertici dell'azienda – almeno è quanto sostiene la Procura – avrebbe mai evidenziato che parte dell'impianto emetta radioattività. Ai sostituti procuratori Alessandro Leopizzi e Laura D'Amelio, coordinati dal procuratore capo Francesco Verusio, tanto è bastato per aprire un fascicolo d'indagine per traffico di rifiuti tossici e nocivi, che comprendono anche quelli radioattivi.

Diversi i pareri (di esperti anche di fuori regione) che avrebbero avvalorato l’ipotesi fatta inizialmente dalla procura. Nel corso degli accertamenti gli inquirenti hanno iscritto nel registro degli indagati, per il momento, una persona. Una fase importante degli accertamenti ha riguardato gli eventuali rischi per la salute di quanti si sono trovati a lavorare in questi 14 anni al ciclo di produzione. Operai che non sarebbero, inoltre, sempre secondo la procura, mai stati avvertiti e soprattutto non hanno seguito quindi le precauzioni necessarie in casi simili. Proprio per questo da qualche mese, gli inquirenti hanno invitato gli operai a sottoporsi a screening sanitari. Il quadro probatorio, già chiuso per i magistrati grossetani è stato trasmesso alla Direzione Distrettuale Antimafia (la DDA) della Procura di Firenze per competenza in materia di rifiuti. Saranno questi magistrati, adesso, a decidere come procedere. Sentito su questa inchiesta, il procuratore capo Francesco Verusio, si è limitato a confermare: «Abbiamo eseguito gli accertamenti dovuti e inviato tutto alla Dda di Firenze». Da capire, ancora, dove le parti dell'impianto che emettevano radioattività e anche gli gli scarti