Morto nella fornace, perizia choc: «Quella notte Guidarini non era solo»

Svolta in Appello nel caso dell’operaio di 47 anni morto nella notte tra Pasqua e Pasquetta 2007 a San Martino «Qualcuno riattivò il ciclo»: è la sconvolgente ipotesi del consulente tecnico nominato dalla Corte di Firenze

La corte d’appello di Firenze

La corte d’appello di Firenze

Grosseto, 28 febbraio 2015 - Poteva non essere solo Massimo Guidarini, l’operaio di 47 anni morto nella fornace di San Martino, nella notte tra Pasqua e Pasquetta del 2007, il cui cadavere fu trovato poco distante dalla bocca d’ingresso del forno per la cottura dei mattoni. E’ la sconvolgente ipotesi vergata nero su bianco dal consulente tecnico nominato dalla Corte di Appello di Firenze, nel processo che vede alla sbarra Flora Nencini, l’allora amministratore della fornace e Luigi Nalesso, che era il responsabile della sicurezza nello stabilimento grossetano. Ieri il perito Giovani Romanini ha depositato il corposo faldone, che nella parte conclusiva ipotizza come «una volta entrato (non si sa per quali motivi) Guidarini si recava nella zona più avanzata della precamera (del forno dove venivano cotti i mattoni, ndr). Mentre si trovava ancora all’interno della precamera un’altra persona, probabilmente accortasi del sistema bloccato senza alcun motivo apparente, da sopra la struttura del forno riportava il selettore sulla posizione ‘remoto’ riavviando così il ciclo, oltre a ciò operava con il mouse del computer selezionando la voce ‘riconoscimento’ per lasciare traccia che il problema era stato risolto». Fino ad oggi, anche durante il processo di primo grado, è sempre stato affermato che Guidarini fosse stato solo quella notte e che si fosse avvicinato al forno perché il sistema si era bloccato. E’ stata questa la ricostruzione di quel tragico incidente su cui si è formata la prima sentenza di condanna a un anno di reclusione per Nencini e a sei mesi per Nalesso. Quanto riportato in queste pagine, invece, sembra raccontare una storia un po’ diversa. Che si avvicinerebbe ciò che aveva sostenuto l’avvocato Alessandro Risaliti, che assiste Nalesso, durante una delle udienze di primo grado, cioè della ipotetica presenza, raccontatagli da un operaio romeno, di terze persone quella sera.

Cristina Rufini