SFIDE METROPOLITANE Montelupo, la strada della ceramica per uscire dalla crisi

Quinta tappa del racconto, con foto e articoli, di quattro giovani che raccontano la difficile fase economica QUARTA PUNTATA: MONTEBORO / TERZA PUNTATA: SAN CASCIANO / SECONDA PUNTATA: VICCHIO E SCARPERIA / PRIMA PUNTATA: POMINO

Un negozio di ceramica

Un negozio di ceramica

Firenze, 15 settembre 2015 - Sfide Metropolitane è un reportage sulla crisi realizzato da quattro giovani fiorentini. Ogni lunedì, sulle pagine online de La Nazione, racconteranno con testi, foto e video tutti gli aspetti della crisi, le storie di chi si trova in difficoltà e di chi ce l'ha fatta. Ecco la quinta puntata, con la tappa Firenze-Montelupo Fiorentino.

“Ma qualcuno di voi è mai stato a Montelupo?​”, chiede il conducente mentre procediamo lenti sulla provinciale che costeggia la Pesa. Detta così sembra una domanda fatta da chi, dovendo rispondere, direbbe che lui si, a Montelupo c’è già stato. E invece no, come per gli altri passeggeri. Tutti tranne uno: l’unico non fiorentino. E’ l’effetto di una legge non scritta, e forse per questo impossibile da trasgredire, il cui caso classico è lo studente Erasmus che in Italia visita città e luoghi a volte del tutto sconosciuti ad un pari età italiano, ma al cui centro sta la solita dinamica che tocca tutti, a prescindere dalla propria nazionalità o luogo d’origine: esploriamo luoghi e posti soprattutto su consiglio di amici, per sentito dire, per fama o per moda, quasi mai per iniziativa o ricerca personale.

Certo, la scelta di andare a Montelupo non può proprio configurarsi come il frutto di una ricerca vera, ma qualche giorno fa, passando da queste parti, abbiamo letto ‘Strada della ceramica’​su cartelli che si ripetevano con una certa insistenza e così abbiamo deciso di conoscere meglio cosa si nascondesse dietro a tanta occulta pubblicità.

Arriviamo in città un pò sprovveduti di conoscenze e imbucatici in una stradina decidiamo di chiedere informazioni ad un anziano signore che a torso nudo armeggia intorno ad un furgoncino. Quando gli chiediamo se sa indicarci un’impresa o un artigiano con cui andare a parlare la risposta è repentina: “Ma venite da me! Sono il Taccini!”.

Ci scambiamo lo sguardo interrogativo di chi si chiede “Chi?”, ma fissiamo un appuntamento per il primo pomeriggio. Nel frattempo decidiamo di recarci al Museo della Ceramica​, nel quale è ospitata una collezione di circa 1000 maioliche, rinvenute per la maggior parte nelle discariche delle 50 e più fornaci che nel ‘500 popolavano il centro storico di Montelupo. Il Museo, inaugurato nel 1985​, ha oggi sede nel Mmab (Montelupo Museo Archivio Biblioteca), una struttura che ospita al proprio interno anche l’Archivio Storico e la Biblioteca della città.

Appena entrati veniamo accolti al piano terra da una statua in ceramica che raffigura Don Chisciotte - realizzata proprio dal nostro Taccini - alle cui spalle si trovano le scale per accedere ai due piani del Museo. Attraversiamo sale curate e ben allestite incontrando rari visitatori, faticando un po’ ad orientarci in un’ arte figurativa di cui siamo digiuni con uno stile tanto peculiare quanto difficile da datare per profani come noi. Mentre scorriamo in sequenza le vetrine decidiamo che l’interpretazione dei gusti delle committenze nobiliari in tema di decorazioni e di simboli araldici richiedono un surplus d’impegno che abbiamo già dislocato in una futura visita, mentre con una certa sorpresa apprendiamo grazie all’esposizione di alcune opere che hanno partecipato all’ultima edizione del Premio Internazionale Baccio da Montelupo ​che l’arte ceramica è ancora viva.

Lo dimostra proprio la Scuola di Ceramica​, che conoscevamo ma la cui importanza per il circondario Empolese Valdese ci era ignota, come lo era il ruolo cruciale che svolge nella formazione di manodopera specializzata, dall’alta professionalità tecnica e artistica, da ben trenta anni. Insegnanti preparati e provenienti dal mondo produttivo attraggono nuove leve e mantengono viva la tradizione di questa arte. Almeno qui il problema dei giovani e della voglia di imparare non si pone. Completiamo il nostro giro all’interno del Mmab tornando alla reception per chiedere quanto sia consistente il flusso di visitatori al Museo - circa 400 persone al mese, soprattutto scolaresche - e per dare un’occhiata ai locali nei quali è ospitata la biblioteca.

Tra scaffali sui quali sono diligentemente sistemati libri e riviste, e scrivanie sulle quali fanno capolino laptop e dispense di biologia si ha come la sensazione di essere in una cittadina che sta cercando di aprirsi al futuro. E questa stessa impressione si lega a quella che viene restituita da una passeggiata sul corso di Montelupo, che rivela agli occhi investigatori di chi lo attraversa per la prima volta lo spirito peculiare di un luogo con una identità precisa. Ma anche di una cittadina che sta facendo i conti con una crisi tanto interna quanto esterna.

Tutto è molto curato, ma in giro ci sono poche persone e qualche fondo sfitto sembra soffrire di complesso di abbandono, segno che un periodo di relativo benessere è terminato ed uno di nuova espansione fatica ad affermarsi. All’ora convenuta raggiungiamo il buon Eugenio Taccini,​che siede di fronte al proprio laboratorio, in via XX settembre 56, in tenuta da ciclista.

Ci accoglie cordiale come ci ha salutati, ma appena le prime timide domande si indirizzano alla conoscenza dello stato in cui versa l’industria della ceramica in città si animano nel nostro ospite delle folate di polemica appassionata che culminano in un’invettiva contro l’immagine che si vuole propagandare dell’arte ceramica, associandola a quella degli antichi mestieri. Una operazione di marketing che proprio non può essere tollerata, perchè quella della ceramica è “un’arte moderna, altro che antica! un’arte vivissima!”. ​Fatichiamo non poco a contenere il nostro intervistato, che cerca di prendere le redini del discorso argomentando da storico della tradizione ceramica montelupina dagli albori ad oggi, ma riusciamo a spostare il suo declamare in un ambito più circoscritto.

“La storia dell’uomo è fatta di crisi, io non capisco proprio come si possa meravigliarsi ogni volta che ce n’è una” e “la ceramica è intesa dai giovani come una strada per tentare l’arte piuttosto che l’artigianato” sono forse le due frasi che, sebbene tra loro disgiunte, meglio raccontano la visione del presente di un artigiano/alfiere del proprio territorio, ormai a riposo. Eugenio, ha iniziato a lavorare con il babbo a quattro anni nell’azienda di famiglia nella quale dal 1966 si sono riuniti tutti e quattro i fratelli. La sua esperienza è andata di pari passo all’evolversi della sua arte: dall’uso della legna, all’elettricità, dall’olio pesante al metano. Nel 1994 ha aperto il proprio laboratorio, ora diventato “Ceramiche del Borgo di Taccini Lea” (la figlia), trampolino di lancio di una carriera da star internazionale acclamata anche oltreoceano.

Il Taccini poi, è anche uno d’esperienza nel mondo dell’associazionismo, così gli chiediamo un parere su come l’autorganizzazione del settore possa rispondere alle necessità degli artigiani della ceramica, e qui viene sottolineata l’importanza del fu Consorzio, oggi Strada della Ceramica, che ha saputo organizzare, un’ immagine ben percepibile dei maestri ceramisti, ma non può fare molto altro, perchè i problemi (leggi: tasse, concorrenza sleale dei mercati esteri e dei ceramisti improvvisati da mercatino uniti alla disaffezione dal prodotto) sono fuori dalla portata delle associazioni.

Le note più positive sono legate alla Festa della Ceramica, che si è svolta da poco e per poco - 4 giorni, una volta si faceva più lunga -, ma ha lasciato anche quest’anno un ricordo positivo ed è secondo ‘il Taccini’ la formula migliore per riavvicinare le persone alla ceramica, la strada da seguire.

Salutato l’artigiano, che regala ad uno ciascuno un piccolo Pinocchio, ci incamminiamo verso la macchina attraversando il corso di Montelupo, una cittadina che rivela un’anima a suo modo fiera e sostenuta da una tradizione che, seppur in forme inconsapevoli, si percepisce ad ogni passo. In mano abbiamo dei dépliant, molto ben fatti, presi al Museo. Sponsorizzano aziende produttrici che in alcuni casi non sono neanche più attive. Ai nostri occhi simboleggiano la difficoltà sempiterna nella quale si dibattono le famose eccellenze, sparse ovunque e in numero eccessivo al punto da ostacolarsi l’un l’altra nell’assegnazione di una quantità di risorse sempre molto limitata. E’ la storia della coperta troppo corta: bisogna scegliere dove coprirsi, e l’inverno, come ogni anno, è alle porte.

Testo di Lapo Cecconi, Gianluigi Visciglia, Jacopo Naldi. Foto di Eva Bagnoli.

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