ROBERTO DAVIDE PAPINI
Firenze

Il Papa sferza i vescovi, loro rispondono: "Non lasceremo cadere le sue parole"

Il Convegno ecclesiale nazionale non

Papa Francesco nel suo intervento in duomo a Firenze

Papa Francesco nel suo intervento in duomo a Firenze

Firenze, 11 novembre 2015 - "Umiltà, disinteresse, beatitudine": Papa Francesco indica in questi "sentimenti di Cristo Gesù" (citando la lettera ai Filippesi) i tratti dell'umanesimo cristiano nel suo discorso nella cattedrale di Firenze, davanti a vescovi e delegati del quinto Convegno ecclesiale nazionale della Cei, una sorta di stati generali della Chiesa cattolica italiana, in corso alla Fortezza da Basso di Firenze fino a venerdì 13 novembre.

Il discorso del Papa, però, non è stato generico, ma ha sferzato i vescovi e la Chiesa italiana (ma in realtà tutti i cattolici) con parole chiare, nette, decise: "Non dobbiamo essere ossessionati dal potere anche quando questo prende il volto di un potere utile e funzionale all'immagine sociale della Chiesa". Parole che i vescovi e i delegati del Convegno non ignoreranno certamente. "La Chiesa italiana vuole raccogliere fino in fondo le indicazioni di Papa Francesco. Non lasceremo cadere nulla di quello che ci ha detto", assicura Angelo Bagnasco, il presidente della Cei (Conferenza episcopale italiana), nel corso di una visita alla sala stampa del convegno insieme al segretario generale Nunzio Galantino.

Non cadranno nel vuoto, dunque, parole (già dette per altro da Francesco nella Evangelii Gaudium) come quelle  nelle quali dice chiaramente di preferire "una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze. Non voglio una Chiesa preoccupata di essere il centro e che finisce rinchiusa in un groviglio di ossessioni e procedimenti".

Parole chiare, come dice Bagnasco in un intervento a Radio Vaticana: "I suoi discorsi ci hanno abbracciato e così noi potremo pensare meglio gli obiettivi del decennio". La reazione dei partecipanti al Convegno è "di grande gioia e di grande gratitudine verso il Papa, perché venendo a Firenze, al nostro Convegno ecclesiale italiano, ha mostrato il suo grande affetto e la sua grande vicinanza e non soltanto con la sua presenza, ma con l'intensità e la sostanza dei suoi discorsi". Il presidente dei vescovi italiani sottolinea i passaggi in cui "conferma e rilancia, questo compito dei cristiani, come cittadini, di non ritirarsi nelle comunità cristiane, possiamo dire banalmente in sacrestia, ma di uscire fuori, con coraggio, con umiltà, con senso di ascolto, di gioia, di dedizione e di servizio, per rinnovare dall'interno la politica, la cultura, la società". La giornata con il Papa del Convegno ecclesiale nazionale è stata "ricca e bella; è entrata nei cuori di tutti noi: vescovi, laici, delegati delle diverse diocesi", conclude Bagnasco.

Di certo, il tema sollevato dal Papa sulla Chiesa nelle strade, ("con la gente e per la gente, come ci ricorda la celebrazione in uno stadio", ha detto Francesco nell'omelia allo stadio "Franchi") in un momento in cui è entrato nel cuore dei delegati, ma anche del popolo cattolico. Lo conferma l'accoglienza riservata al Papa sulle strade di Firenze, allo stadio, nei luoghi in cui, in un modo o nell'altro, la gente ha potuto rivolgergli messaggi affettuosi e di incitamento. Così, il cardinale arcivescovo Giuseppe Betori ricorda che "tra le frasi che più si ripetevano lungo il percorso verso lo stadio la più diffusa era: 'Ti vogliamo bene Francesco', e questo è il sentimento dell'affetto. L'altra era: 'Grande Francesco', ossia il riconoscimento dell'importanza di quanto sta facendo per la Chiesa in questo momento. E infine l'altra era: 'Resisti Francesco'. E un fiorentino alla fiorentina - e forse non tutti capiscono - ha detto: 'Vai pulito Francesco': cioè vai libero, non guardare gli ostacoli, non farti fermare".

Infine, la bella metafora calcistica del vescovo di San Marino-Montefeltro, Andrea Turazzi, che scrive alla sua diocesi una lettera dal Convegno ecclesiale. La metafora, ispirata dalla messa nello stadio Franchi ("Non ci sono i viola, ma c'è lo stesso clamore delle grandi occasioni") vede Francesco in grado di cambiare la tattica: "Non più il catenaccio, ma il gioco d'attacco".

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