Barricato in casa, il pompiere ferito: "Lo sparo, sangue e paura. Ho pensato di morire"

Torre del Lago: il racconto di Marco Aurelio Filippi, vigile del fuoco di 56 anni. L’uomo barricatosi per ore in casa (o il padre) lo ha ferito con un colpo di pistola

Gianluigi Ragoni, il torrelaghese 44enne che potrebbe aver ferito un vigile del fuoco con un colpo di pistola attraverso la porta di casa, si trova nel carcere di San Giorgio a Lucca. Potrebbe, perché anche il padre Adelmo, ex maresciallo dei carabinieri 90enne, è agli arresti domiciliari con le stesse accuse del figlio: tentato omicidio in concorso e detenzione illegale di armi e munizioni. Gli investigatori cercano di capire chi dei due ha sparato con una vecchia Galesi 1930 calibro 6,35. Due giorni fa Gianluigi si era asserragliato in casa a Torre del Lago, col padre, per evitare di essere sottoposto a Tso: l’uomo soffre di problemi psichici da tempo, e recentemente aveva avuto problemi con tanti abitanti della frazione di Viareggio.

Mercoledì alle 13 i vigili urbani e i sanitari Asl, di fronte al rifiuto di Ragoni, hanno chiamato i vigili del fuoco per aprire la porta con la forza. A quel punto è iniziato il dramma, due colpi hanno attraversato il legno e uno dei pompieri è rimasto ferito. Il blitz notturno dei Nocs è scattato dopo 9 ore di trattative. «Non sono stato io, a premere il grilletto è stato mio padre» ha raccontato Gianluigi Ragoni agli agenti una volta raggiunto il commissariato. Per questo sia il padre che il figlio sono stati arrestati, e sono stati sottoposti ai test per la ricerca della polvere da sparo sulla pelle.  

Torre del Lago, 21 gennaio 2022 - Non si sente un eroe, ma soltanto un pompiere che da 24 anni indossa la divisa del corpo nazionale dei vigili del fuoco. Marco Aurelio Filippi, 56 anni, originario di Massarosa, in Versilia, ma residente a Lucca da anni, è stato raggiunto da un colpo di pistola esploso durante quello che avrebbe dovuto essere un normale supporto ai sanitari chiamati a fare un accertamento a Gianluigi Ragoni, residente a Torre del Lago. Accertamento che si sarebbe poi risolto in un ricovero nel reparto di psichiatria. Ma così non è stato, Marco Aurelio Filippi ha rischiato di morire. In via Bohème si è sfiorata la strage, se non ci fosse stato il blitz dei Nocs. Il vigile del fuoco rivive quei drammatici momenti raggiunto al telefono nella sua abitazione, dove riposa dopo essere rimasto ferito al petto: guarirà in 10 giorni, secondo il referto del pronto soccorso. Riallaccia i ricordi di quella che è stata una esperienza che non potrà mai dimenticare. 

Come si sente dopo quello che è accaduto? "Bene, ma sono ancora scosso. Sono a casa con la mia famiglia. E non ho ancora avuto il tempo di andare a fare la spesa. Il telefono continua a squillare". 

Ci racconta la partenza dell’intervento? "Abbiamo ricevuto al 115 la chiamata per andare in via Bohème intorno alle 12.20: dovevamo fare da supporto ai sanitari. Sembrava un intervento di routine. Siamo partiti in cinque dal distaccamento di Viareggio". Il tono pacato tradisce una emozione ancora viva. 

Quando siete arrivati cosa è accaduto? "I sanitari non sono riusciti a entrare nell’appartamento. Gianluigi Ragoni e il padre non aprivano la porta. Si erano barricati in casa. Siamo intervenuti noi. Io ero davanti alla porta e stavo tentando di entrare, con me c’erano altri due colleghi". 

E’ in quei momenti che è partito il colpo di pistola? "Sì. Improvvisamente ho sentito il colpo. Ho avvertito un bruciore al petto. Ho visto il bossolo insanguinato sul pavimento".

Quali sentimenti ha provato in quei momenti? "Ho pensato alla mia famiglia. A mia moglie Laura, alle mie figlie, Alessandra 18 anni e Chiara, 12 anni. Ho avuto paura di non rivederle. E’ stato davvero terribile". 

Da chi sono arrivati i primi soccorsi? " Dai miei due colleghi che erano con me sul pianerottolo. Poi sono arrivati i soccorritori dell’ambulanza che è partita per l’ospedale Versilia". 

Quando era sulla ambulanza cosa ha fatto? "Ho telefonato a mia moglie Laura per rassicurarla e per tranquillizzare le mie figlie. E quando ho sentito la voce di mia moglie mi sono sentito a casa. Ma lei non voleva credere che non ero in pericolo e così ho dovuto passarle il medico che l’ha rassicurata. Poi sono arrivato al Versilia dove mi hanno fatto tutti gli accertamenti. E sono stati in gamba, voglio ringraziare tutti. Professionalità e sensibilità". 

Avrebbe mai immaginato un epilogo del genere per quello che doveva essere un intervento di supporto ai sanitari? "No. Pensavo di aver visto tutto dopo essere intervenuto quella maledetta sera del 29 giugno 2009 sulla strage ferroviaria di via Ponchielli. E invece mi sbagliavo". 

Nella sua famiglia prima di lei nessuno è stato vigile del fuoco, perchè ha scelto questo lavoro? "Per passione. Questa vita si sceglie per passione". 

Cosa vorrebbe dire a chi ha esploso quel colpo di pistola che poteva costarle la vita? "Non si può parlare con il nulla". 

Tra dieci giorni torna al lavoro? "Certo, e quando toccherà al mio turno, partirò per un nuovo intervento".