Caso Ragusa, Logli al lavoro. Fa l'impiegato in Comune

Condannato a 20 anni per l'omicidio della moglie

Antonio Logli

Antonio Logli

San Giuliano Terme (Pisa), 10 gennaio 2018 - IL PULLOVER rosso con le rifiniture blu cobalto come il pantalone di velluto a coste, il giaccone tono su tono e quel volto imperscrutabile da Sfinge. Antonio Logli è tornato al lavoro in Comune a San Giuliano Terme, prendendosi una ‘pausa’ – almeno fino all’Appello fissato per il 14 marzo a Firenze – dalla vicenda giudiziaria che lo ha visto condannato in primo grado a 20 anni per l’omicidio della moglie Roberta Ragusa, svanita nel nulla nella notte tra il 12 e il 13 gennaio del 2012.

Ieri il debutto nel nuovo ruolo di impiegato amministrativo all’ufficio lavori pubblici, lontano da sguardi indiscreti e dalla curiosità della gente che ha scatenato nelle piazze (virtuale in primis) una feroce polemica su quello che è stato giudicato da molti come un «premio vergognoso». Un reintegro frutto, in realtà, dell’accordo che l’amministrazione comunale ha trovato con il 54enne dopo aver perso una vertenza avviata prima della scomparsa della donna.

Logli, infatti, nel 2011 denunciò alcune irregolarità nell’iter selettivo della municipale al quale aveva partecipato non ottenendo però il posto. Quindi il ricorso con la condanna del Comune a pagare 8mila euro, soldi ai quali lo stesso rinunciò in cambio appunto dell’impiego in municipio che l’uomo accettò con grande soddisfazione, scegliendo di abbandonare le mansioni da elettricista svolte alla Geste (partecipata del Comune, ndr) nella speranza di cominciare una seconda vita.

DOPO aver passato il lunedì a espletare le pratiche burocratiche e le visite mediche di rito, Logli ha inaugurato ieri la sua scrivania con l’arrivo addirittura anticipato di una manciata di minuti. Alle 7.20 ha parcheggiato l’auto nella piazza principale, poi è salito a piedi lungo il marciapiede di via Niccolini ancora illuminata dalla luce calda dei lampioni. Passo svelto, sguardo a terra nell’intento di sfuggire all’occhio dei fotografi che aspettavano il suo ingresso. Alle 7.26 aveva già varcato la soglia del palazzo e strisciato il badge come un qualsiasi impiegato. Poi di corsa per le scale per raggiungere quanto prima la sua postazione dove è rimasto – oltre l’orario consueto del part-time – fino alle 13.10.

AD ATTENDERLO all’uscita, l’avvocato Linda Sozzi che ha intrattenuto i giornalisti affermando che il suo assistito «è lì dove doveva stare». Inevitabile la battuta sull’Appello di marzo: «Abbiamo piena fiducia nella magistratura – ha detto il legale –. La sentenza è scritta negli atti, basta leggere le carte per capire che quest’uomo è innocente. Anche se l’animo dei giudici non è stato equidistante per il clamore mediatico. Oggettivamente è stato riscontrato che ha tradito la moglie, ma ciò non significa che sia un assassino. Non è felice che sia sparita la madre dei suoi figli. La condanna si regge su un quadro probatorio debole, basato su testimonianze inattendibili e tarde, forse anche perché tutti erano concentrati sulla tragedia della Concordia. Chi lo conosce non può crederlo capace di uccidere, la gente non lo crede colpevole. Quando Roberta è scomparsa, si diceva “gli è scappata la moglie!”. Io c’ero per caso, lui era distrutto... ». Accanto a lei Logli che, dopo aver abbozzato un timido sorriso, ha deciso di rompere il silenzio confermando la sua presenza davanti alla Corte d’Appello. «Sarò certamente in aula – ha sussurrato –. Spero nell’assoluzione».