Mio padre, la mia cicatrice

L'intervento

Firenze, 5 settembre 2017 - Undici anni fa moriva Graziano Grazzini, esponente di Forza Italia e punto di riferimento di Comunione e Liberazione. Ma soprattutto un uomo che interpretava la politca come servizio e non come fine. Anche quest’anno domani alle 12 al cimitero di Settignano a Firenze si terrà un breve momento di preghiera e alle 21.30, nella chiesa di San Salvi, sarà celebrata la messa Questo il ricordo di uno dei figli

COSA significa riguadagnarsi l’eredità ricevuta? Questa provocazione, tema dell’edizione 2017 del Meeting di Rimini, è una domanda con cui faccio i conti dal 6 settembre 2006, giorno in cui è morto Graziano Grazzini, mio babbo. Da lui ho ereditato tanto: la passione per il calcio, l’affezione alla Chiesa e al movimento di Comunione e Liberazione, ma soprattutto la passione per la politica. Politica come servizio, come voglia di rimboccarsi le maniche per un desiderio di bene nei confronti della realtà in cui si vive.

Era un uomo innamorato di Firenze. E alla cura di essa aveva dedicato gran parte della sua vita, senza comunque mai smettere di lavorare nel suo ufficio alle Autostrade. Chissà quanto sarebbe stato contento di sentire Papa Francesco dire «Per favore, non guardate dal balcone la vita, ma impegnatevi, immergetevi nell’ampio dialogo sociale e politico» proprio in occasione della sua visita a Firenze il 10 novembre 2015. Dal 1990 fu Consigliere di Quartiere 2, poi Comunale dal ’95 al 2004, e infine Provinciale a Palazzo Medici Riccardi, dove morì,nel suo ufficio, colto da un infarto fulminante. Avevo 12 anni, non abbastanza per rendermi conto davvero del suo lavoro. Ma negli anni ho potuto scoprirlo grazie alle persone che ancora oggi a 11 anni dalla sua scomparsa, lo ricordano con un affetto non scontato e per me impressionante. Penso a don Paolo Bargigia, missionario in Perù scomparso il 24 agosto, che l’anno scorso volle concelebrare la messa di suffragio nonostante la malattia; a Matteo Renzi, all’epoca Presidente della Provincia, che non ci ha mai fatto mancare il suo ricordo commosso; o a Mustafa, amico musulmano. Gabriele Toccafondi, grande amico della mia famiglia attualmente Sottosegretario all’Istruzione, qualche giorno dopo la morte disse: “Non ci lascia un ricordo, qualcosa che nel tempo sparisce o si affievolisce. Graziano ha lasciato un segno. Come una cicatrice che uno si fa da piccolo e man mano che cresce resta lì”.

Ed è proprio questa cicatrice aperta che, guardando a questi 11 anni senza mio babbo, non fa prevalere il dolore e la nostalgia di una presenza carnale mancata, ma la letizia e la gratitudine di un’eredità che ancora oggi genera germogli di vita in tutti quelli che nel loro cammino la incontrano.