Il cuore di don Bargigia

Il commento

Firenze, 27 agosto 2017 - È morto a Firenze don Paolo Bargigia, il sacerdote punto di riferimento di Comunione e Liberazione. Ieri i funerali. Questo il ricordo di Gabriele Toccafondi, attuale sottosegratario Scuola e Università.

Durante la vita di ognuno tanti sono i momenti di relazione che ti rimangono impressi, gli incontri con persone che per tutta la vita ricorderai. Ancor di più quando sei ragazzo, in quell’età della crescita in cui hai domande pressanti sulla vita. Ora questo ricordo si fa ancora più presente.

Don Paolo Bargigia per tanti “ragazzi” è stato un punto di riferimento, vero e forte. A Firenze da insegnante nelle superiori e da responsabile di Gioventù Studentesca e più tardi in missione a Lima e insegnante all’università.

Queste relazioni di solito «sbiadiscono» con il tempo, sono ricordi anche belli ma da adolescenti «quando la vita era più facile». Quando non è così, e con Paolo non era così, non c’era mai banalità nei rapporti umani, allora uno deve andare a vedere cosa è che rendeva e rende questi rapporti così veri, non banali. Così è stato per tantissimi. Paolo era cristiano vero, non semplicemente perché era un sacerdote ma perché viveva Cristo presente, aveva incontrato il cristianesimo come è avvenuto per i discepoli. Viveva tutto con questa consapevolezza di certezza e niente gli era estraneo, neppure quella malattia che lo paralizzava. Io Cristo l’ho incontrato attraverso lui e l’esperienza di Comunione e Liberazione. In questi mesi di malattia, rientrato a Firenze, ha rivisto tanti «ragazzi» di quegli anni. Ognuno ha preso la sua strada ma quel punto di riferimento è rimasto.

Non ha mai attratto a sé i tanti ragazzi che lo seguivano, ma sempre a Cristo. Ciò per me è stato evidente appena finita la scuola e quando partì in missione. Con lui si poteva parlare di tutto e non faceva sconti, era un adulto vero. Con lui sono cresciuto, ho discusso, ho pianto, mi sono confidato, anche quella volta che mi ero preso una cotta per quella ragazza che poi sarebbe diventata mia moglie, ci ha sposati, ha battezzato i nostri figli, con lui ho sempre parlato di tutto dalla politica alla Fiorentina e si informava sempre perché niente gli era estraneo. E’ con Paolo che a notte fonda andai a casa di Giovanna Grazzini saputo della morte di Graziano; è sempre stato un punto di riferimento, e ormai in carrozzina ha fatto da padrino a novembre a nostro figlio più grande.

In trenta anni di storia insieme quello che ci ha sempre trasmesso è stato, sempre, un attaccamento totale a Cristo. Una vita quella di Paolo attraente e invidiabile. Per questo la cosa più importante oggi è sapere che è possibile per tutti.