Etruria, i Pm accelerano sulla bancarotta. Truffa, avvisi già a 20 direttori di filiale

Tempi stretti per la chiusura delle indagini. E ci sono nuovi filoni, con deleghe alla guardia di finanza

LA PROTESTA IN PIAZZA_13378089_034811

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Arezzo, 9 dicemb re 2016 - Il colpo accusato con le assoluzione dell’ostacolo a Bankitalia non li ha fermati. Tutt’altro, proprio in questo momento difficile, anche dal punto di vista mediatico, con qualche commentatore a dire che una procura di medie dimensioni come Arezzo non ha le competenze per affrontare un crac come quello di Banca Etruria, il pool di Pm che indaga vuole dare il segno che c’è, che i dubbi sono solo malignità, che ci vuole tanta fatica, anche personale, ma anche da qui si può mettere le mani su uno dei grandi casi economico-giudiziari degli ultimi anni.

Ecco allora che il procuratore capo Roberto Rossi e i suoi sostituti impegnati sul fronte Bpel stringono i tempi, sia sul filone bancarotta che su quello della truffa ai risparmiatori per tramite delle subordinate azzerate. Il terzo filone, il conflitto di interessi, è ormai una variabile dipendente della bancarotta, quanto al quarto, le false fatturazioni di Methorios, siamo ormai alle soglie dell’udienza preliminare. Bene, adesso l’obiettivo dei Pm è di compattare ancora il calendario che si erano dati a settembre.

Allora si parlava di chiusura indagini per febbraio-marzo, in questi giorni invece il ritmo è diventato frenetico per arrivare prima, forse non prima di Natale o della fine dell’anno, ma giù di lì.

Per la bancarotta è solo la prima tranche, quella che prende spunto dalle grandi sofferenze evidenziate nella relazione del liquidatore della vecchia Etruria, Giuseppe Santoni. Dentro dunque ci sono lo Yacht Etruria di Civitavecchia, la San Carlo Borromeo del guru Armando Verdiglione, la Isoldi, le società di Alberto Rigotti, perquisito a luglio, la Hevea, che Santoni lega al finanziere Giovanni Consorte, ex uomo forte di Unipol, anche se lui ha negato proprio parlando con La Nazione.

Ma il caso bancarotta non finisce qui. Il pool, anzi, ha affidato nuove deleghe d’indagine alla guardia di finanza. Tra le vicende più scottanti ci sono quelle dei finanziamenti al gruppo romano di Francesco Paolo Caltagirone, il fido per il porto di Marina Sveva e anche le sofferenze accumulate da alcune aziende aretine affidate dalla vecchia Bpel in ossequio alla logica della banca del territorio che lì agisce, ma che non sono mai rientrate.

Se le indagini dovessero provare che anche qui ci sono reati da perseguire, si procederà per stralci, con la meta di riunificare tutte le situazioni se non al momento dell’udienza preliminare almeno quando e se si arriverà a dibattimento.

Nel filone truffa, continuano a piovere gli avvisi di chiusura indagine sui direttori o comunque sui dirigenti di filiale. Ne sono giunti anche negli ultimi giorni e ormai siamo sopra quota venti. L’accusa per tutti è sempre la stessa: truffa aggravata che ha provocato, con gli «artifizi e raggiri» delle subordinare incriminate, un ingiusto danno ai risparmiatori (le obbligazioni finite in fumo) e un ingiusto vantaggio alla banca (il filo di fiato dell’accrescimento del patrimonio di vigilianza) o ai funzionari (i vantaggi di carriera, anche se loro dicono di non averne avuti e di essere semmai stati danneggiati).

Ma anche in questo caso i Pm non vogliono solo far volare gli stracci, come spiega con un’espressione colorita qualche fonte informale. No, siccome i direttori nelle loro memorie dicono di aver agito sulla base degli ordini ricevuti, lo scopo è salire di livello, arrivando fino al piano nobile della direzione generale, dove sono già stati indagati un paio di grossi dirigenti. E’ caccia al nome grosso, agli eventuali responsabili vip. Tutto sta a capire se il pool troverà gli elementi per incastrarli davvero.

di Salvatore Mannino