Crac Etruria, un buco da 180 milioni: al centro la parabola del mega-yacht

Viaggio dietro le richieste di rinvio a giudizio. Tra i protagonisti Rigotti: votò contro Faralli dopo un giro di crediti in suo favore

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Arezzo, 21 marzo 2017 - I capi di imputazione sono sempre gli stessi, come le grandi sofferenze (cioè i crediti finiti in fumo) che li hanno generati. La somma fa abbastanza impressione: qualcosa come 180 milioni inghiottiti nel crac di quella che fu la banca degli aretini e si appresta a diventare il braccio interregionale di un grande gruppo nazionale come Ubi. Cambia però la qualificazione giuridica che ne danno i Pm del pool a seconda della posizione di ogni indagato.

Per qualcuno, ad esempio, lo Yacht Etruria resta bancarotta fraudolenta, per altri viene derubricato a bancarotta semplice. E lo stesso vale per la San Carlo Borromeo, per la Sacci, per la Hevea, per la Isoldi, per la High Facing e per l’outlet Città Sant’Angelo. Per tutte le operazioni insomma che secondo i Pm coordinati dal procuratore capo Roberto Rossi (Andrea Claudiani, Julia Maggiore e Angela Masiello) hanno contribuito a mandare in tilt la banca. Vediamole allora una per una.

A cominciare dalla più colorita di tutti, che resta indubbiamente la storia dello Yacht di Civitavecchia, operazione che da sola si è mangiato almeno 25 milioni di euro, fra finanziamento del cantiere e finanziamento nave, il prestito specifico, cioè, concesso per la costruzione di quello che avrebbe dovuto essere il panfilo più grande del mondo. Destinato nelle speranze a una coppia glamour come Angelina Jolie e Brad Pitti (non erano ancora scoppiati) ma che resta invece ad arrugginire al sole e alle intemperie nel porto laziale, senza aver mai oltrepassato lo stato di scheletro.

Sul fallimento di Privilege Yard, la società costruttrice, la procura di Civitavecchia ha già chiuso le indagini e ora si appresta a mandare a processo il deus ex machina del progetto, Mario La Via, con i suoi principali collaboratori. L’ipotesi dei Pm aretini è che alla base dei finanziamenti ci fosse un gigantesco scambio di favori: tu fai un piacere a me (il prestito), io ne faccio uno a te (l’assunzione di un figlio o una raccomandazione presso il cardinale Tarcisio Bertone, già segretario di stato, destinatario di una colossale beneficenza, 700 mila euro, da parte di La Via).

Collegati allo Yacht ci sono i prestiti alla High Facing, società incaricata di realizzare l’impianto fotovoltaico della nave cui era interessato il vicepresidente Giorgio Natalino Guerrini. Solo il conto finale è assai meno oneroso: una manciata di milioni. Meno movimentata, ma altrettanto dannoso il finanziamento della San Carlo Borromeo, grande villa lombarda trasformata in resort di lusso dal guru Armando Verdiglione. In alcuni casi i soldi furono concessi in tempi rapidissimi, in ogni caso la copertura era risibile: un’ipoteca di quarto grado su un immobile poi sequestrato dal tribunale di Milano, senza che Etruria abbia rivisto un centesimo degli oltre 25 milioni concessi. PEGGIO ancora il caso Sacci.

Lì siamo di fronte a un progetto industriale di espansione del gruppo cementiero guidato da Augusto Federici, a lungo membro del consiglio di amministrazione di Bpel, per l’acquisizione della Lafarge Italia. Solo che le varie linee di crediti erano tutte garantite dagli stessi immobili, cioè gli stabilimenti dell’azienda. Alla fine di 62 milioni più 10 non è rientrato niente in banca. Infine, la questione Rigotti (Alberto).

Il finanziere trentino (poi arrestato) era esposto oltre i limiti con la Bpel di cui era consigliere. Non avrebbe più potuto votare, ma grazie a un complesso giro di prestiti riuscì a sanare la sua posizione. Giusto in tempo per esprimere il voto decisivo nel drammatico Cda (maggio 2009) che sancì il cambio della guardia Elio Faralli-Giuseppe Fornasari.

Salvatore Mannino