Commissione d'inchiesta anche sull'ex Bpel. Bancarotta, verso le richieste di processo

Una settimana con gli eventuali interrogatori finali ma finora il confronto con i Pm è mancato

Roberto Rossi

Roberto Rossi

Arezzo, 19 febbraio 2017 - Qualcuno ha scritto che si stanno combattendo a «banche in faccia». Nel senso che la battaglia politica dentro il Pd si fa anche a colpi di emendamento sulla commissione d’inchiesta cui toccherà di far luce sulla crisi creditizia dell’ultimo anno e mezzo, dal primo decreto Salvabanche (quello della risoluzione delle Bad Bank poi trasformate in Good Bank) all’ultimo Salva-Mps.

E la vecchia Banca Etruria, quella sprofondata nel crac, c’è dentro in pieno. Con Renzi che dice «non sono state tre banchette toscane a scatenare il caos, guardiamo piuttosto a Banca 121» (riferimento chiaro alla gestione del Monte influenzata da Massimo D’Alema) e Baffo di ferro che replica: «Mi vergogno di stare in un partito che vota la segretezza sui nomi dei più grandi debitori diMps» (riferimento altrettanto chiaro alla gestione Renzi).

Un problema, a dire il vero, che non riguarda l’Etruria che fu, le cui sofferenze maggiori sono tutte note grazie alle ricostruzioni giornalistiche, con La Nazione in prima fila. Ma che nella commissione d’inchiesta si parlerà approfonditamente di Bpel è fin troppo chiaro.

Lo chiedono esplicitamente i grillini con un loro emendamento, lo sollecita indirettamente anche il presidente Pd della commissione Finanze del Senato, Mauro Maria Marino, secondo il cui emendamento si deve discutere delle banche destinatarie anche in via indiretta di finanziamenti pubblici e che sono state poste in risoluzione. Condizioni che riguardano indubbiamente l’Etruria d’antan.

Ma questo è il futuro. Il presente invece è fatto del filone d’indagine per bancarotta cui sta lavorando il pool di Pm aretini che è coordinato dal procuratore Roberto Rossi. Lì siamo già all’avviso di chiusura indagine (notificato poco prima di Natale) e in prossimità della richiesta di rinvio a giudizio, che dovrebbe scattare, per molti almeno dei 22 eccellenti finiti sotto accusa, al termine degli interrogatori in corso da una settimana.

Dovevano essere, i faccia a faccia degli indagati con gli inquirenti, il tentativo in extremis di spuntare una richiesta di archiviazione provando a dimostrare che i protagonisti con la bancarotta non c’entravano. In realtà, anche in procura non si nasconde un pizzico di delusione e di scetticismo per come stanno andando le cose. Finora nessuno ha accettato di sottoporsi alla cosiddetta cross examination con i Pm.

Non lo hanno fatto nè Giovan Battista Cirianni, ex consigliere d’amministrazione, nè Giovanni Inghirami, ex vicepresidente vicario, che hanno scelto entrambi di presentarsi alla Finanza per depositare memorie scritte, ma senza contraddittorio coi magistrati del pool. Noin è detto che le memorie non contengano elementi scriminanti, ma manca il sale del confronto diretto, quello che più avrebbe dato chances di uscire dall’inchiesta senza danni.

Da domani si ricomincia. Questa settimana tocca a due superbig come l’ex direttore generale Luca Bronchi (di scena mercoledì) e l’ex presidente Giuseppe Fornasari (venerdì): si faranno interrogare o rinunceranno come già Augusto Federici, ex membro di Cda e capo dell’impero Sacci che a Etruria ha lasciato la sofferenza più grossa (62 milioni)?

Lunedì 27 si presenterà poi un altro ex vicepresidente, Natalino Guerrini, e martedì Rossano Soldini, ex consigliere e grande accusatore delle vecchie gestioni, e Ugo Borgheresi, tuttora capo dell’area finanza della banca. Loro due dovrebbero sottoporsi a un vero e proprio interrogatorio perchè nella possibilità di salvarsi dalla richiesta di rinvio a giudizio ci sperano davvero. Poi sarà il momento del redde rationem, cioè del pool che tira le fila degli interrogatori e decide come andare avanti. L’impressione è che si vada verso un maxi-processo.

di Salvatore Mannino