Bankitalia: "Commissione informale in Bpel". Solo ora relazione in Procura

Via Nazionale parla di un organo con Rosi, papà Boschi, Berni e altri tre: atto successivo all'audizione di Rossi nel Csm. Ma un consigliere lo attacca

Berni, Rosi e Boschi

Berni, Rosi e Boschi

Arezzo, 15 gennaio 2016 - Si è visto accusare di «incongruenze apparentemente inspiegabili» per una relazione che ancora non aveva. Il procuratore capo Roberto Rossi di quelle carte nulla sapeva il 28 dicembre, il giorno in cui fu sentito dalla prima commissione del Csm. Carte che, secondo accreditate fonti investigative, Bankitalia ha consegnato alla Guardia di Finanza a metà settimana e adesso possono finalmente passare all’esame del magistrato nelle cui mani si trovano tutte le inchieste (quattro) sul caso di Bpel.

Ripartiamo dall'inizio? Pierantonio Zanettin, membro laico del Csm in quota Forza Italia, per primo aveva chiesto e ottenuto l’apertura di un fascicolo conoscitivo su Rossi, dopo le notizie di stampa sull’incarico di consulente per Palazzo Chigi ricoperto dal procuratore capo. Motivo? Verificare se il capo dei Pm aretini godesse ancora di quella condizione di terzietà richiesta per il suo incarico.

Rossi viene convocato dalla prima commissione per un’audizione: spiega di essere stato nominato quando premier era ancora Letta, che non aveva nessun rapporto diretto con Renzi, che la consulenza tecnica la svolgeva per email, e che non aveva mai chiesto neppure un euro di rimborsi spesa.

Un tour de force che lì per lì pareva aver convinto tutti, dal presidente della prima commissione, l’ex ministro Renato Balduzzi, al relatore della pratica Piergiorgio Morosini: «Magistrato limpido, non emergono tracce di incompatibilità ambientale». Senonchè l’11 gennaio, nel giorno in cui sembrava tutto dovesse finire in archivio, la commissione decide per un rinvio. E Zanettin spiega che lui voterà contro. L’incongruenza starebbe nella risposta che Rossi ha dato a una sua domanda: le risulta che ci fosse un direttorio di fatto che dirigeva Banca Etruria al posto del Cda? Il procuratore aveva risposto di sì, ma lo aveva indicato nell’«alta direzione» dei tempi Fornasari, di cui facevano parte, secondo l’ispezione Gatti, il presidente, il direttore Bronchi e il direttore centrale David Canestri, escludendo ci fosse anche Pierluigi Boschi, il padre del ministro, all’epoca semplice consigliere.

Eh no, obietta adesso il laico di Forza Italia, Rossi si è dimenticato della «commissione consiliare informale» indicata dall’ultimo rapporto ispettivo di via Nazionale, firmato da Giordano Di Veglia il 27 febbraio 2014, nel frattempo trasmesso al Csm: di quella erano membri l’ultimo presidente Rosi, i suoi vice Berni e Boschi e i consiglieri Santonastaso, Nataloni e Salini. Conclusione: il procuratore è stato incongruente e non si può archiviare.

Ma, obiettano fonti investigative, il capo dei Pm quella relazione il 28 dicembre non poteva conoscerla, perchè nessuno gliene aveva ancora consegnato una copia. Come avrebbe potuto parlarne al Csm? Le stesse fonti spiegano poi quest’ultimo rapporto ispettivo con le indagini di Rossi, almeno per ora, c’azzecca poco. Lui infatti si sta occupando dei reati (ostacolo alla vigilanza, false fatturazioni, conflitto di interessi e truffa) che con l’ultimo Cda non c’entrano.

Del board commissariato potrebbe semmai arrivarsi ad occupare se e quando gli saranno trasmessi gli atti di un eventuale stato di insolvenza deliberato dal tribunale, per i profili riguardanti i reati fallimentari come la bancarotta fraudolenta. Quanto alla ormai famigerata «commissione informale», bisognerà capire cosa fosse. Un governo ombra di Bpel, come gli ultimi amministratori negano, o un organo cui lo stesso Cda aveva dato mandato il 4 maggio 2014 di seguire in prima battuta la trattativa con Vicenza e che poi si è sciolto? Solo nel primo caso, potrebbero ricadere sulla «commissione», al posto del consiglio, i potenziali reati di distrazione patrimoniale che venissero verificati, ma che sono ancora tutti da provare.