di Gaia Parrini
La determinazione, la voglia di fare, e arrivare, è la miccia che, già da bambina, ha acceso la sua passione, per il disegno, la pittura, la moda e la fotografia. E che, sin da bambina, l’ha spinta a spuntare, da quella lista di obiettivi, piano piano, ogni traguardo raggiunto. Arrivando, Alessandra Dini, total look maker, a truccare e curare il look dei migliori artisti e personaggi famosi, d’Italia e non solo.
Alessandra, cos’è per lei l’arte?
"Alimentazione, aria e acqua. Ho cominciato a dipingere a 4/5 anni e da viareggina il Carnevale per me è sempre stato un mese magico,come una favola. La forma artistica di pittura e arte dei grandi maestri della cartapesta è un mondo di cui non riuscivo a fare a meno".
È una passione trasmessa in famiglia?
"Mio nonno, fotografo, che ha fondato la Foto Ottica Francesconi a Lido di Camaiore, mi ha insegnato a fotografare con la macchina manuale e a sviluppare il rullino. Mia mamma lavorava per Gianmarco Ferro e per Valentino, nel mondo della moda, e papà, venuto a mancare un anno fa, era un artista del cibo, ed un pittore simbolista straordinario. Se lui dipingeva le tele, io dipingo le facce".
E da piccola ha sempre voluto fare questo lavoro?
"Ho sempre voluto fare moda. Un concetto di moda da total look, disegnare l’abito, gli accessori, ma fare anche trucco e parrucco. Così mi sono laureata in costume, trucco e spettacolo e sono diventata total look maker, ma la mansione principale è il make up, perché non riesco a stare senza pennello in mano".
Qual è stato il momento di svolta?
"A livello personale viene dai miei genitori, dall’educazione che mi hanno dato, dalla libertà di esprimermi, sempre con il rispetto delle regole e degli altri. Poi ci sono stati gli insegnanti, che mi hanno compresa e indirizzata. Trovare persone che da incompleta, strana e diversa ti fanno comprendere la tua unicità e la tua strada, è fondamentale".
Poi ha incontrato Diego Dalla Palma.
"Era venuto a Pietrasanta per la presentazione di un libro. Io sono cresciuta con il suo mito quindi dovevo assolutamente conoscerlo. Al firmacopie gli ho consegnato il mio curriculum dicendogli che avrei voluto diventare come lui. Mi ha richiamato dopo 5 mesi per inserirmi in un progetto televisivo, e un giorno, sempre lui, mi ha offerto una cattedra in un’accademia a Milano. Così mi sono trasferita ed è partito tutto".
E com’è stato crearsi una carriera a Milano?
"Un altro grandissimo incontro è stato con Rajan Tolomei, brand ambassador di Max Factor. Ho iniziato con una collaborazione che poi è diventata qualcosa di altro, una grande amicizia, così come con Diego, che è per me come un secondo padre".
Quanto è difficile e competitivo questo ambiente?
"È difficilissimo per diversi fattori: è una tipologia di lavoro in cui devi essere sempre a disposizione e quindi gran parte della vita privata è sacrificata. Il secondo scoglio, come capita in tanti lavori, è che la moda è una lobby ed entrarci è difficile. La donna in questo ambiente è poi vista come l’estetista, l’uomo invece come un grande make up artist. Anche se Milano, rispetto ad altre città, è più fertile per l’imprenditoria femminile".
Non tornerà mai a Viareggio?
"Ho ambizioni molto alte, e Milano è l’unica città dove questo lavoro si può fare ad alto livello. A Viareggio torno con il cuore, a respirare l’aria di casa mia, a vedere i colori e quel mondo che mi ha portato a trasformarmi nella persona che sono. Venire giù è sempre fonte di ispirazione, come lo è viaggiare per lavoro".
Il punto di arrivo del suo lavoro?
"Ho una scaletta con dei punti a cui voglio arrivare. Sanremo, ad esempio, è stato uno di quelli, così come l’apertura della mia accademia, lo scorso 7 settembre, Vamp Pro Art Studio, dove abbiamo anche un’agenzia di lavoro per gli studenti, proprio per aiutarli ad entrare in un mondo spesso chiuso".
E il suo sogno più grande? Qual è?
"Non si può dire, altrimenti non si realizza. Provo a creare uno stile di vita che mi faccia stare bene e mi faccia sentire non un pesce fuor d’acqua ma nel mio acquario personale. Questo è il mio obiettivo di vita, ma il sogno, invece, lo esprimo spegnendo le candeline".