Traffico di falsi certificati di malattia. La Procura: 'Medico da sospendere'

Gli interrogatori dal gip. Il sanitario già sotto processo contabile

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Perugia, 17 ottobre 2018 -  Avrebbe emesso certificati medici falsi, senza nemmeno visitare i pazienti – nello specifico alcuni agenti di polizia penitenziaria di Capanne – e stamattina il medico 65enne di Città di Castello dovrà comparire davanti al gip Lidia Brutti dopo la richiesta di sospensione dal servizio pubblico avanzata dalla Procura di Perugia. Secondo il pm, in particolare, sussiste nei confronti del medico il pericolo di reiterazione del reato. Difeso dall’avvocato Francesco Falcinelli, il sanitario – in servizio alla guardia medica e incaricato dell’assistenza dei detenuti – è lo stesso al centro dello scandalo del 2009, quando i carabinieri intervennero al servizio di guardia medica di Perugia dopo che per ore i cittadini malati avevano tentato di contattare il numero di emergenza, trovando la cornetta sollevata. Per quel fatto il 65enne venne assolto per prescrizione. E’ invece ancora in corso il giudizio contabile. La Procura presso la Corte dei Conti gli contesta un danno di appena 121 euro perché non può più chiedere quello all’immagine.

Nell'attuale indagine al medico e ad alcuni agenti di Capanne viene contestato di essersi assentati dal lavoro in virtù delle fasulle prescrizioni che attestavano, peraltro, la causa di servizio riconosciuta e quindi non dovevano nemmeno sottostare alle visite fiscali, altrimenti previste. La Procura ha sollecitato la sospensione dal servizio anche per un agente, assistito dall’avvocato Daniela Paccoi. «Le modalità e le circostanze dei fatti contestati, plurimi e reiterati – scrive il pm Annamaria Greco – in un considerevole arco temporale (2015-2018) denotano una personalità di entrambi i soggetti poco incline al rispetto delle regole».

L’accusa è, per tutti, quella di truffa ai danni di un ente pubblico e falso in atto pubblico. In particolare la polizia giudiziaria – coordinata dal pm Annamaria Greco – , attraverso accertamenti meticolosi effettuati anche con i tabulati telefonici e la geo-localizzazione ha ricostruito che, in alcuni casi, gli indagati raggiungevano differenti località d’Italia e solo successivamente avvisavano il comando di non potersi presentare al lavoro, inoltrando un certificato che, sicuramente – secondo l’accusa –, non era frutto di una visita medica. Complessivamente gli indagati sono sette, tra cui due medici e cinque agenti.

Eri.P.