Esplosione nel laboratorio, indagini chiuse

La Procura di Perugia notifica la conclusione degli accertamenti a cinque persone. Incendio, omicidio e lesioni: tutti reati dolosi

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di Alessandro Orfei

Chiuse le indagini sull’esplosione e l’incendio che, lo scorso 7 maggio, distrusse il casolare di Canne Greche, dove era allestita un’azienda di lavorazione della cannabis light, e dove persero la vita due persone, entrambi impiegati nella fabbrica: Samuel Cuffaro, 19 anni, ed Elisabetta d’Innocenti, 52. Altri due, di cui uno minorenne, andarono incontro a gravi lesioni e, addirittura, all’amputazione dell’arto inferiore. L’avviso di conclusione indagini è stato notificato a cinque persone. Entra nell’inchiesta anche il proprietario dello stabile. Le contestazioni si aggravano e la Procura, rispetto alla prima fase delle indagini, ha rimodulato le accuse. Gli uffici giudiziari perugini infatti parla di "omissione dolosa di cautele per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, incendio doloso, omicidio e lesioni dolose".

La Procura ha ricostruito l’attività relativa all’azienda di cannabis light. L’opificio in questione era riconducibile a due società che si occupavano, rispettivamente, la prima della ‘coltivazione di specie, piante aromatiche e farmaceutiche’. La seconda del ‘commercio all’ingrosso di fiori e piante’. Entrambe avevano la stessa sede legale ed erano collegate anche dal rapporto di parentela e stretta frequentazione dei legali rappresentanti. Sin dai primi momenti si è ipotizzato che l’incendio potesse essere dovuto alla conseguenza diuna tecnica di abbattimento della percentuale del Thc della cannabis, ‘inventata’ da uno dei soci dell’azienda, privo di qualsiasi competenza tecnica e scientifica e utilizzato al di fuori di ogni autorizzazione. Fin da marzo 2021 era stato allestito un vero laboratorio al primo piano dell’immobile con ‘lavatrici’ a ultrasuoni all’interno delle quali venivano introdotte le infiorescenze di canapa, insieme ad un solvente altamente infiammabile, di tipo pentano. Il processo di lavaggio, che faceva assorbire il Thc dal solvente, serviva ad abbassare il Thc sotto allo 0,6 per cento. Una tecnica pubblicizzata anche sui social. Strategiche per ricostruire gli ultimi giorni dell’azinenda sono state le immagini della videosorveglianza, recuperate dai carabinieri del nucleo operativo di Perugia e di Gubbio.

Quella maledetta mattina del 7 maggio era arrivato un carico di pentano. Proprio questo è stata la causa del rogo: l’incendio delle sostanze infiammabili all’interno dei locali, pari almeno a otto barili da 200 litri, di pentano. Questo liquido, tra l’altro, era stato stoccato in maniera non corretta, senza rispettare le condizioni previste dalla normativa antincendio. Non c’era neanche alcun meccanismo di sicurezza relativamente al processo di lavorazione. Altro Sono stati approfonditi anche i rapporti commerciali dell’azienda eugubina. All’esito di alcuni accertamenti è stata contestata anche la detenzione illecita di cannabis e la cessione, ritenendo che quella attività di manipolazione svolta non sia consentita e quindi inidonea a considerare il prodotto come light.