Lo studio: "Gli anticorpi calano a sei mesi dal vaccino"

Lo studio su quasi tremila operatori dell’Ospedale di Perugia. "Nel 40% dei casi c’è diminuzione, ma resta l’immunità cellulare"

Giacomo Muzi, responsabile sezione Medicina del Lavoro Università di Perugia

Giacomo Muzi, responsabile sezione Medicina del Lavoro Università di Perugia

Perugia, 15 ottobre 2021 - C’è uno studio sul personale che lavora all’ospedale di Perugia (sanitari e non sanitari) che ha interessato quasi tremila addetti e che dimostra come a distanza di sei mesi dalla prima inoculazione del vaccino ci sia stata una importante riduzione della presenza di anticorpi contro il Sars-Cov2. Ma nonostante ciò queste persone hanno ancora una ’protezione’ cellulare significativa indotta proprio dal vaccino". A raccontare a La Nazione la ricerca ancora in corso è Giacomo Muzi, responsabile sezione Medicina del Lavoro, Malattie respiratorie e tossicologia professionale ed ambientale al Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Università di Perugia. 

Muzi spiega a chiare note l’efficacia del vaccino e come il lavoro fin qui svolto riguardi "l’osservazione riguarderà nel suo complesso circa 2.700 operatori dell’Azienda ospedaliera di Perugia". Si tratta di un progetto che si chiama ‘Orchestra’, finanziato dall’Unione Europea al quale l’Università di Perugia partecipa insieme all’Ateneo di Verona e altri Centri che si trovano in Belgio, Francia Germania e anche in India. E’ uno studio che durerà tre anni per valutare quale sia la risposta ad agenti virali del Sars Cov2 di operatori, come quelli ospedalieri, molto esposti al rischio-virus. Il Dipartimento di Medicina ha quindi chiesto all’Azienda Ospedaliera di svolgere questo studio per valutare efficacia ed efficienza della vaccinazione. Nonostante la partecipazione sia volontaria – continua Muzi –, c’è stata una grande risposta. E le valutazioni fin qui emerse sono che c’è una riduzione del titolo anticorpale a distanza di sei mesi sul 40% della popolazione esaminata. Questo non vuol dire che non ci sia protezione contro il Covid: la persona resta infatti protetta, grazie a quella che si definisce ‘immunità cellulare’ che sarà valutata successivamente in circa mille persone che partecipano allo studio".

Proprio questo è uno dei nodi. "L’immunità – continua il direttore –, per quanto abbiamo notato fin qui, risulta efficace in maniera significativa anche quando il titolo anticorpale si riduce con il passare dei mesi. Non sono quindi solo gli anticorpi a stabilire la protezione contro la malattia, ma anche l’immunità". Lo studio nel suo complesso prevede una partecipazione a livello europeo di circa 37mila persone e questo ne aumenterà la significatività.

L’altro nodo è che in tanti prima di fare la terza dose si misurano il titolo anticorpale: ha senso? "Non è un aspetto rilevante e non è previsto che come fattore dirimente per fare o non fare la terza dose – precisa Muzi –, ci sia quello della misurazione degli anticorpi. L’immunità cellulare infatti persiste nel tempo ed è nota anche per altre infezioni: è indipendente dagli anticorpi, risulta efficace e consente una difesa adeguata alla malattia come dimostrano altri studi già effettuati. Detto ciò, al personale ospedaliero verrà somministrata la terza dose nei tempi opportuni e stabiliti. Le prime due dosi sono fondamentali – conclude –, ma vista la dimunizione registrata è importante anche fare la terza".