Agguato mortale contro Alessandro Polizzi, oggi la Corte decide sui Menenti

La Procura chiede l’ergastolo per entrambi: mandante e esecutore

Riccardo e Valerio Menenti

Riccardo e Valerio Menenti

Perugia, 27 aprile 2015 - Di fatto si gioca tutto sul ruolo di Valerio Menenti il processo per l’agguato di via Ettore Rcci, che oggi andrà a sentenza. Valerio «mandante morale e materiale» dell’omicidio di Alessandro Polizzi e del ferimento di Julia Tosti, secondo l’accusa; «vittima di un crimine che non ha commesso», secondo la difesa.

I pm hanno battuto sulle intercettazioni «al plurale» registrate in carcere («qui tutti quanti se son messi nei panni nostri, tutti quanti, e tutti quanti avrebbero fatto esattamente la stessa cosa»), sulle dichiarazioni di Julia – «Valerio mi disse che l’avrebbe ucciso senza sporcarsi le mani» – su quelle di Michael Gubbiotti, raccolte in ospedale («A Polizzi gliela avrebbe fatta pagare e ci avrebbe pensato il padre») e su quelle della commessa del ‘Compro-oro’. Poi gli elementi materiali: le chiavi del portone di casa di Julia, consegnate da Valerio al padre, come la vecchia Beretta, regalo di suo nonno, utilizzata per vendicare nel sangue le botte ricevute da Valerio. Il «movente», secondo i pm Antonella Duchini e Gemma Miliani, è rappresentato proprio dalle tre precedenti aggressioni di Polizzi nei confronti del tatuatore di Ponte San Giovanni. Secondo l’avvocato Lupo, invece, «sono state fatte solo illazioni. E’ stato fatto il processo, è stata fornita dal pm la prova che Valerio abbia dato le chiavi a Riccardo? No. E’ stato provato che avesse le chiavi? Neanche». Quanto alla pistola «è una bufala». «E’ stato provato che Valerio abbia fornito la pistola?».

LA PROCURA vuole vedere condannati all’ergastolo (e 18 mesi di isolamento diurno) padre e figlio. Riccardo, esecutore materiale, e Valerio, mandante dell’omicidio. L’avvocato Lupo chiede l’assoluzione del giovane. E infatti per Valerio non ci possono essere vie di mezzo. La difesa del padre (avvocati Tiraboschi e Mattiangeli) punta invece sulla derubricazione in omicidio preterintenzionale. Sostenendo che Riccardo Menenti non andò in via Ricci il 25 marzo 2013 per uccidere e che l’arma usata non la portò lui, ma era nelle mani di Polizzi. Per Riccardo la strada è tutta in salita. C’è Julia, che lo accusa (le difese hanno cercato di screditare), c’è la ricostruzione della dinamica del delitto – un uomo che entra in camera da letto e spara –, ci sono le quattro differenti versioni fornite dall’imputato. Prima nega, poi – quando una goccia di sangue sulle scale lo incastra – si colloca sulla scena del crimine ma non ammette il proposito di uccidere.

STAMATTINA la Corte d’assise (presidente Mautone, a latere Restivo) ascolterà le repliche di pm e difensori, per poi ritirarsi in camera di consiglio. Il verdetto potrebbe arrivare in serata.

Erika Pontini