Automazione e lavoro: "Strategica la formazione per sfruttare al meglio l’innovazione digitale"

Massimo Bonacci e Jader Sabbi di PwC Italia: "Promuovere competenze tipicamente umane che permettono agli individui non solo di adattarsi al cambiamento, ma di essere loro stessi motori di innovazione".

Automazione e lavoro: "Strategica la formazione per sfruttare al meglio l’innovazione digitale"

Automazione e lavoro: "Strategica la formazione per sfruttare al meglio l’innovazione digitale"

di Lisa Ciardi

FIRENZE

La nuova rivoluzione industriale basata sull’intelligenza artificiale è appena iniziata. Ma quale sarà l’impatto sull’occupazione? "Secondo il World Economic Forum – spiegano Jader Sabbi, director PwC Italia e Massimo Bonacci, partner PwC Italia –, entro il 2025, saranno circa 85 milioni i posti di lavoro sostituiti da macchine dotate di intelligenza artificiale, mentre le stime di Goldman Sachs sono di 300 milioni entro i prossimi 10 anni. Relativamente all’Italia, secondo uno studio Ocse, il 30,1% dell’occupazione è ad alto rischio di automazione, contro la media del 27%".

Nel 2018 PwC aveva stimato la percentuale di impieghi ad alto rischio di automazione per i diversi settori produttivi. L’analisi distingueva tre diverse ondate del processo di automatizzazione in sequenza temporale. La prima ondata (che secondo l’analisi doveva già essere in corso nel 2018) era la “Algorithm wave“ e consisteva nell’automazione di semplici attività computazionali e di analisi di dati. I settori più esposti sarebbero stati quello finanziario e assicurativo e delle telecomunicazioni, le attività professionali, scientifiche e tecniche.

"La seconda fase, prevista verso la metà degli anni ’20, è la “Augmentation wave“ – proseguono Massimo Bonacci e Jader Sabbi – ossia l’automazione dei flussi di lavoro e del processo decisionale. Questa ondata potrebbe avere effetti dirompenti sul mercato del lavoro, andando a porre una percentuale non trascurabile di impieghi a un livello elevato di rischio automazione (superiore al 20% nel settore finanziario, manifatturiero, dei trasporti e della pubblica amministrazione). A partire dal 2030 si prospetta infine la “Autonomy wave“, ovvero l’automazione di attività che comportano lavoro fisico e destrezza manuale, e della risoluzione di problemi in situazioni dinamiche che richiedono risposte mirate. Questa ondata dovrebbe avere un impatto particolarmente significativo nel settore dei trasporti".

Eppure, numerosi studi mostrano l’assenza di chiare evidenze dell’impatto negativo dell’Ia sull’occupazione, né i dati oggi disponibili restituiscono un quadro di imminente sostituzione del capitale umano. Inoltre le previsioni sull’occupazione entro i prossimi dieci anni non evidenziano tanto una progressiva sostituzione del capitale umano a opera delle macchine, quanto un quadro eterogeneo di trasformazione. Ma qual è la situazione al momento? "Oggi – concludono Bonacci e Sabbi – l’Italia risulta settima in Europa per grado di integrazione delle tecnologie digitali all’interno del sistema produttivo e, secondo gli ultimi dati disponibili, solo il 6,2% delle imprese italiane adotta sistemi basati sull’IA (a fronte di una media Ue di poco superiore, attorno all’8%) e solo il 9% utilizza Big Data (media Ue 14%). Attualmente l’automazione da IA nelle imprese italiane riguarda per lo più le operazioni di estrazione di conoscenza da "dataset", di elaborazione del linguaggio naturale e di supervisione dei flussi di lavoro. Per il futuro, a fronte della riduzione di occupazione per i lavori manuali e amministrativi, si prevede addirittura un sostanziale incremento della forza lavoro per le professioni intellettuali e tecniche e per le posizioni dirigenziali. Si mantengono inoltre positive le previsioni occupazionali per i profili ad alta specializzazione tecnologica in quasi tutti i settori di attività".