’Bezzo’, liceale dal cuore rap: "Siamo noi i ragazzi del video girato al campino del Petriccio"

Il giovane, 19 anni ad aprile, senese della Lupa, è venuto a La Nazione con i suoi amici. Giulio è il videomaker del gruppo, c’è chi studia all’università, chi pensa al futuro come chef.

di Laura Valdesi

SIENA

"Sì, siamo noi quelli del video al Petriccio", raccontano arrivando a La Nazione capeggiati da Pietro Bezzini, in arte Bezzo. Loro il gruppetto segnalato giorni fa alla polizia municipale, temendo che fossero malintenzionati. Si scopre invece un’altra realtà. Che sono giovani creativi. Hanno idee. Vogliono costruire il futuro "in una città che amano – dicono all’unisono – ma è molto stretta. Anzi, strettissima, appena fai qualcosa fuori dagli schemi ti criticano. Magari se vedono che fai musica ti prendono in giro. Però in fondo aiuta a crescere". Un gruppo di ragazzi, prima di tutto amici, che non ti aspetti: c’è Franco Mattia che vorrebbe diventare chef, per esempio, Roberto Dringoli che studia ingegneria tanto che a fine intervista si allontana dicendo ’Devo andare a studiare, ho l’esame martedì!’. Giulio Becatti, liceo scientifico, fotografo e videomaker nella vita e anche quando furono trovati dagli agenti della Municipale al Petriccio. "Ero io che giravo il video a cui stiamo lavorando", dice guardando Pietro Bezzini, detto Bezzo. Lui, 19 anni ad aprile, che studia al liceo delle Scienze umane, è il catalizzatore del gruppo. Il punto di riferimento di ragazzi che, raccontano all’unisono, piuttosto di stare isolati davanti ad un computer o alla playstation preferiscono ritrovarsi. Progettare. E sognare a colori. Parla ’Bezzo’, lui il cantante protagonista dei video pubblicati sul profilo Instagram. Lui dà voce agli altri. Tutti per uno, uno per tutti.

Pietro, la Municipale ha capito cosa stavate facendo. E si è messa a parlare con voi.

"Sì, sono stati molto carini. Avevamo il cavalletto, la fotocamera, le luci, la sedia per le riprese. Ma il video è stato girato in varie parti, mi piaceva però l’idea del campino di basket. Le scritte colorate, era d’impatto. Deve ancora uscire, lo stiamo editanto".

Come si chiama la canzone? Sei tu l’autore? Anche della musica?

’Don’t call me’, il titolo. Sì, scrivo tutto io. Per la musica c’è un ragazzo del gruppo che se ne occupa, altrimenti compro su you tube un beat (base musicale). E poi scrivo ascoltandola".

Una passione da sempre?

"A buttare giù rime ho iniziato in terza media. Ricordo quando la professoressa, ero rimasto solo in classe nell’intervallo, venne da me a chiedere preoccupata: ’Che hai? Perché non ti alzi?’. Ero immerso nei miei pensieri. Crescendo ho cercato di dare un senso alla produzione, affrontando anche cose di me. La scrittura è un flusso di coscienza. Il filo conduttore? Canto di me".

Un rapper, dunque (gli amici annuiscono, è ormai un’intervista collettiva)

"Sì, delle mie esperienze. Nella canzone del video al Petriccio, per esempio, parlo di una ragazza. Anche del datore di lavoro di questa estate al mare".

’Bezzo’, senese e lupaiolo,vuole fare questo nella vita. E la famiglia cosa dice?

"Sono fortunatissimo. Hanno compreso che sono incentrato sulla musica, non si oppongono. Sono il più piccolo di quattro figli, gli altri tutti laureati e master. Non sarà così per me. Me la sento di correre nella strada che mi piace. Uno dei principali fan è mio fratello, ha 9 anni più di me. E’ soprattutto un punto di riferimento".

Sei diventato il catalizzatore di un gruppo: ha una forte valenza sociale.

"Manca a Siena un punto di aggregazione. Non ci sono spazi e occasioni per noi giovani, girare il video durante le festività è stato un momento di socialità (gli altri annuiscono e rafforzano il concetto, ndr)".

Nel vostro racconto, parlo al plurale, emerge una città che amate molto ma anche chiusa al cambiamento.

"E’ così. Quando ho finito il liceo l’obiettivo è di prendere qualcuno (si riferisce agli amici-compagni di viaggio, ndr) e andare a lavorare fuori, magari a Milano. Bisogna conoscere persone".

Magari partecipare ad un talent come ’Amici’.

"Voglio fare la gavetta perché quando arrivi lì è invece come vivere in una bolla, hai subito la strada spianata ma poi quanto dura? Preferisco sudarmela ma mettere radici. Imparare. E’ la parte difficile ma anche divertente".

Lazza, il rapper giunto secondo a Sanremo: lui il tuo idolo?

"In realtà è un altro artista, ora affermato e secondo me il migliore nel palcoscenico italiano, che ha fatto una gavetta di otto anni prima di emergere: Sfera Ebbasta".

Rapper spesso assume un’accezione negativa nel comune sentire?

"Niente di più sbagliato. La parola deriva da rhythm and poetry, ritmo e poesia. Non generalizziamo".

Bezzo, ragazzi, se qui ci fosse il sindaco Fabio cosa chiedereste?

"Sarebbe bello se potesse valorizzare questo campo. Promuoverlo e incentivarlo per poter coltivare la passione in modo serio e strutturato facendone un lavoro"