
Il presidente Bressan: "Un patrimonio per le persone. E un ruolo importante per l’immagine di Prato" .
Nel 2024 la Fondazione Teatro Metastasio ha celebrato due anniversari importanti, i sessanta anni dallla riapertura del teatro Metastasio dopo un lungo restauro, e i cinquanta anni dalla nascita del teatro Fabbricone. Questi due eventi sono stati possibili grazie anche ad una classe dirigente coraggiosa, che in anni di crescita tumultuosa della città e della sua economia ha compreso l’importanza che la cultura poteva avere per i cittadini e per l’immagine stessa della città. La riapertura del Teatro Metastasio, teatro pubblico comunale, nel 1964 avvenne verso la fine del quarto ed ultimo mandato del Sindaco Roberto Giovannini. Giovannini era un appassionato di Teatro ed è proprio grazie alla sua determinazione che venne avviato il progetto di restauro. L’inaugurazione costituì un evento di grande rilievo per la città ed ebbe luogo a seguito di non poche polemiche che riguardarono tanto i costi del restauro quanto le modalità di gestione. Tuttavia l’evento fu accolto con grande entusiasmo dai cittadini. La Nazione del 18 ottobre 1964, a pochi giorni dall’apertura, titolava “Da mezzanotte in fila per comprare un biglietto”. L’articolo racconta di un giovane studente di medicina che verso le 5 del mattino realizzò una serie di biglietti numerati usando le pagine di un suo quaderno per cercare di organizzare al meglio l’attesa dei cittadini presenti, e di una “vecchietta di oltre settanta anni” (sic!) che, una volta ottenuto il suo biglietto decise di attendere all’interno della Basilica delle Carceri.
Le polemiche politiche tornarono ad essere ancora più forti negli anni ’70, quando prese forma un progetto culturale che segnerà l’immagine di Prato come città dell’innovazione teatrale: il Laboratorio teatrale di Luca Ronconi, tra il 1976 e il 1978. La presenza di Ronconi a Prato era iniziata ben prima dell’avvio del Laboratorio. Nel 1974, ad es., venne messa in scena, per ben due mesi, l’Orestea di Eschilo in un ex magazzino doganale di proprietà del Lanificio Balli; l’anno successivo, sempre al Fabbricone, arrivo Utopia. Si trattava comunque di riallestimenti, mentre con il Laboratorio si avviarono delle produzioni che segnarono un punto di svolta per il teatro italiano.
Gli attori politici di questa seconda operazione furono il sindaco Lohengrin Landini e l’assessora alla cultura Eliana Monarca. La polemica in questo caso, alimentata dai mutevoli equilibri politici nazionali tra il PCI e il PSI – che in quegli anni governavano Prato - aveva un tema ricorrente, quello dell’egemonia culturale comunista. Il dibattito in corso riguardava il rinnovo della convenzione triennale con Ronconi; i socialisti mettevano in discussione i risultati e i costi del Laboratorio; i comunisti, difendendo l’operato dell’assessora, ritenevano questo dibattito strumentale e votarono il rinnovo della convenzione da soli; a quel punto i socialisti decisero di uscire dalla giunta e si tornò ad un monocolore comunista.
Il dibattito sull’egemonia culturale comunista, o della sinistra, dei nostri giorni non riesce a trovare altre azioni concrete al di fuori dell’occupazione di posizioni di potere nell’ambito delle istituzioni culturali. Il caso pratese si distingue invece per il coraggio delle scelte fatte da una classe dirigente che, nonostante le pressioni e talvolta le emergenze della gestione amministrativa di un territorio in crescita vorticosa, seppe staccarsi dalle contingenze e promuovere la creazione di nuovi spazi per la cultura: un patrimonio che rappresenta oggi uno dei principali centri di produzione teatrale del nostro paese.
Presidente Fondazione Teatro Metastasio