Bisogna andare oltre dinamiche consuete adottate in situazioni di emergenza e trovare strategie nuove. Perché la situazione è grave. Il rischio evidente è che la crisi diventi strutturale. E allora è urgente "una governance del distretto, uno strumento normativo, qualcosa di assolutamente straordinario, ben oltre i tavoli la cui partecipazione è questione di volontà politica" sottolinea il segretario della Camera del Lavoro di Prato Lorenzo Pancini. Lo scenario è pesantissimo per lo stato di salute del distretto: "Non si può passare di crisi in crisi, siamo ormai alla quarta dal 2008. Ed ogni volta si interviene cercando di accomodare le cose, di limitare i danni. Nella realtà ogni volta se ne esce con il segno meno: meno produzione, meno lavoro, meno ricchezza. Di meno in meno arriveremo al punto che non resterà niente. Bisogna cambiare strategia".
Il meno, di cui parla Pancini, si ritrova nei numeri impietosi per l’economia distrettuale: nel decennio 2012-2022 Prato ha perso, nel tessile, il 21,4% delle aziende, oltre 530 imprese, con una riduzione dell’occupazione del 5%; il contemporaneo aumento nel pronto moda e confezioni, più 946 unità produttive, non compensa la perdita, "in realtà lì c’è solo sfruttamento"; basta un altro dato, a Pancini, per dimostrarlo: le retribuzioni nell’industria tessile si aggirano mediamente su 23.559 euro all’anno, di contro ad una media annua nelle confezioni di 11.680 euro, "un impoverimento netto, una drastica riduzione di oltre il 50%". Se queste sono alcuni numeri del sistema pratese, si comprende meglio il grido d’allarme lanciato: la Cgil da tempo sostiene che bisogna “ripensare Prato”, ripensare il distretto, cambiare radicalmente il sistema produttivo locale. "Il tempo sta per scadere, non sono più momenti per tergiversare. C’è bisogno di un sussulto, di scuotere coscienze, forze sociali e istituzioni, una mobilitazione come mai si era vista prima, o altrimenti dovremmo prendere atto del definitivo declino del distretto" dice Pancini. Altri numeri preoccupano: nel 2024 le cessazioni, +4,3%, hanno superato gli avviamenti, + 3,4%: il 45% degli avviamenti è a tempo determinato, il 35,6% a tempo indeterminato, questi ultimi, part-time, al 70% nel comparto pronto moda-confezioni.
Re.Po.