PRATO
"Sappiamo tutti dire che a Prato convivono 124 etnie, ma sfido a dare un volto e una consistenza a quelle persone, a capire chi sono". Giovanni Nerbini, vescovo di Prato, ha lanciato la proposta di aprire la festa dell’8 Settembre anche alle comunità straniere presenti in città, facendole sfilare lungo il corteo con gli abiti tipici del loro paese. In un certo senso si tratta di una vera rivoluzione per la festa più antica e ancorata alla tradizione pratese.
Monsignor Nerbini, da dove nasce la sua proposta?
"L’idea è nata semplicemente dal constatare come le comunità procedano secondo il criterio di Moro: su rette parallele, ognuna va nella propria direzione senza contatti".
Succede anche perché ci sono degli impedimenti oggettivi.
"L’Italia ha una difficoltà in più rispetto all’estero, gli stranieri che entrano in altri paesi sono obbligati a imparare lingua qui non accade e questo accentua il senso di isolamento delle persone e della comunità. Non possiamo pensare agli stranieri come ad un problema solo quando accade un fatto di cronaca, ma c’è un percorso da fare".
Un percorso di inclusione?
"Iniziamo ad avvicinarci, a conoscerci vedendo la storia, la cultura, le tradizioni, le fatiche e le difficoltà altrui".
Il Comune ha subito accolto la sua proposta di cambiare il Corteggio storico, si tratta di una rivoluzione per le tradizioni di Prato?
"Trovo interessante e coraggiosa la nuova amministrazione che non si è limitata a dire ’si è sempre fatto così’, ma è andata oltre. Dire che qualcosa è sempre stato fatto in un certo modo spesso diventa una giustificazione a non voler cambiare. È vero, il Corteggio è sempre stato uguale, ma la storia adesso ci presenta cambiamenti che dobbiamo essere capaci di intercettare".
Scegliere proprio l’8 Settembre non è stato un caso?
"L’elemento simbolico diventa importante perché porta con sé un messaggio: ’voi che siete rimasti al margine fate ingresso nelle nostre tradizioni’. Perché non proviamo a riconoscerci parte gli uni degli altri? È una sfida comune, un’opportunità da cogliere non un’occasione di recriminazione e polemiche".
Nomina le polemiche, si riferisce alle parole del sottosegretario Giorgio Silli che ha parlato di ghettizzazione piuttosto che di inclusione?
"Ognuno ha le proprie opinioni, ma non facendo vedere un qualcosa non è che questo si risolve. La massiccia presenza di stranieri in questa città è un fatto, portare questa presenza durante una festa è il contrario della ghettizzazione, è dire che oggi queste persone sono parte della nostra storia".
Prato è una realtà quasi unica in fatto di accoglienza: 124 etnie in una sola città sono un numero eccezionale.
"Torno adesso dalla Sicilia che pure è una terra di accoglienza, ma lì non ci sono i numeri che abbiamo noi, Prato è davvero unica, dobbiamo essere capaci di preparare un domani che con queste dimensioni e misure di presenze è molto particolare rispetto ad altre realtà. Diventa difficile anche fare paragoni. Averne coscienza ci mette intanto nella condizione di comprendere. Non ci sono bacchette magiche, ma andiamo nella direzione di mettere in atto tutto ciò che si può fare per aiutarsi a riconoscersi".
La scelta delle comunità che parteciperanno alla sfilata dell’8 Settembre come avverrà?
"È un inizio. Sicuramente saranno considerate le etnie più rappresentate, ci sono dei sacerdoti che seguono alcune comunità straniere. Ci rivolgeremo inizialmente a quelle più strutturate, per dare maggiore loro visibilità. Questa è una iniziativa come ce ne possono essere altre".
Ha pensato anche ad altre forme di integrazione?
"Il Corteggio storico era un’idea nata tempo fa, avevo lavorato anche al progetto di organizzare una sorta di ’Giochi senza frontiere’, è grazie a quel programma che io come tanti, ho conosciuto la Germania, la Francia, il Belgio. Dette un contributo alla nascita dell’Europa ecco perché non provare anche qualcosa di simile?".
Quanto è lontana l’integrazione?
"Ho conosciuto una realtà sportiva e parrocchiale con 180 ragazzi, tra loro non c’era nemmeno un giovane straniero. Possiamo impegnarci per favorire la partecipazione sportiva di tutti i ragazzi magari aiutando le famiglie economicamente. Piccole cose a cui però dare un senso".
Silvia Bini