Chiedevano denaro ai cinesi . Condannato anche l’ultimo parà

Sentenza dura per il quarto militare che dovrà scontare sette anni, cinque mesi e dieci giorni. Il caso era emerso cinque anni fa: i soldati erano impegnati nell’ambito dell’operazione "Strade sicure".

Si è concluso con la sentenza emessa nella giornata di venerdì al tribunale di Prato il caso dei militari che taglieggiavano i cinesi nell’ambito dell’operazione "Strade sicure".

I militari, al di fuori delle loro competenze, chiedevano agli orientali soldi per evitare denunce per irregolarità presunte e miancciando sanzioni nel caso in cui non avessero pagato. A giudizio è andato l’ultimo dei parà coinvolti in un affare che ha creato qualche disagio anche dal punto di vista di immagine al corpo militare di appartenenza.

Dunque, l’ultimo militare coinvolto – in tutto erano quattro – che chiedeva soldi agli orientali è stato condannato a sette anni, cinque mesi e dieci giorni. Il pubblico ministero aveva chiesto per l’imputato una condanna ben più dura a dieci anni e cinque mesi. I reati che sono stati contestati al soldato sono concussione e violata consegna.

Gli altri commilitoni finiti nei guai con lui hanno precedentemente patteggiato.

A settembre scorso, inoltre, due soldati, arrestati cinque anni fa insieme ai loro due superiori con l’accusa di concussione per aver taglieggiato i cinesi e ora già condannati, sono stati condannati a risarcire il danno all’immagine dell’Esercito.

A stabilirlo è stata la Corte dei Conti che a metà settembre scorso ha emesso una sentenza secondo la quale i due militari, allora di stanza alla caserma Marini di Pistoia 183° reggimento paracadutisti Nembo, e affidati a Prato proprio per partecipare all’operazione "Strade sicure", devono elargire un risarcimento pari a quattromila euro ciascuno per il danno di immagine che è stato causato all’Esercito.

I soldati, insieme ad un caporal maggiore e ad un caporal maggiore capo, avrebbe fatto controlli non autorizzati sottoponendo molti cinesi a controlli abusivi nelle strade del Macrolotto 1, particolarmente frequentate da cittadini orientali.

Secondo quanto ricostruito nelle indagini condotte sulla vicenda, i militari coinvolti si spostavano con automezzi di servizio in luoghi differenti rispetto alle aree di competenza, come nel Macrolotto 1, facendo posti di blocco e fermando cittadini cinesi ai quali contestavano presunte irregolarità. Da loro, poi, pretendevano somme di denaro e minacciavano sanzioni nel caso in cui non ci fosse l’esborso dei soldi richiesti. Una condotta che si sarebbe ripetuta nel tempo.