‘Basta casacche, nel Pd urge vera unità’

Le strategie di Simona Bonafè, segretario regionale. A metà aprile «tutti in piazza»

Simona Bonafè

Simona Bonafè

Firenze, 8 marzo 2019 - A metà aprile a Firenze il Pd metterà in campo la ‘squadra’ del governo efficiente. Simona Bonafè, segretario dem della Toscana, guiderà il gruppone dei 188 candidati sindaci in vista delle elezioni amministrative. In testa quelli di Firenze e Prato. In piazza per dimostrare che «tutti noi abbiamo lo stesso obiettivo: vincere» dice con forza. E con tutti intende amministratori e partito, gruppi dirigenti e popolo e anche tra le diverse correnti, vincitori e vinti delle scorse primarie.

L’esito di domenica scorsa entra nella storia del Pd. Aveva fatto pronostici? Dica la verità. «Il risultato della partecipazione è andato oltre la mia più rosea previsione. Il Pd esiste, è l’unica alternativa vera alle forze che oggi ci governano».

E credeva alla vittoria schiacciante di Zingaretti?  «Che ci fosse voglia, nel popolo del Pd, di alternanza rispetto a un gruppo dirigente che aveva governato il partito negli ultimi cinque anni, era nell’aria». 

Zingaretti, chi dei due? Ora non lo dice più nessuno... «Domanda strepitosa, mi fa venire in mente Crozza... a parte gli scherzi abbiamo un nuovo segretario autorevole, legittimato da un ampio consenso popolare. Ciò ci permette di guardare a testa alta alle prossime sfide. Ora ‘chi dei due’ non lo dice più nessuno».

Se le ripeto le parole che lei ha usato per i primi commenti (unità, coraggio e fiducia) che dice? Si possono sempre usare? «Si devono usare, se non le usiamo c’è solo l’estinzione del partito democratico. Il nostro popolo ci ha dato un segnale di fiducia, ma non ha firmato una cambiale in bianco. Questa fiducia non la possiamo deludere con le nostre divisioni».

Gli esponenti locali della mozione Zingaretti hanno usato toni forti. Hanno parlato di pretoriani, di un partito che ha premiato più i fedeli che i migliori, di liste fatte dai sindaci più che dal Pd. Ma che partito è? «Il Pd è l’unico partito in Italia che riesce a mobilitare iscritti ed elettori per scegliere in maniera democratica il segretario. Il Movimento Cinque Stelle usa una piattaforma privata, ‘votano’ con 50mila click, noi solo in Toscana abbiamo portato a votare 160mila persone in carne e ossa... Il nostro, proprio perché un partito democratico, al suo interno ha organismi dirigenti che votano le candidature: se si critica un metodo di selezione delle candidature basata sui fedeli e non sui migliori, non si può, però, poi chiedere più posti in nome di un’appartenenza. Oggi più che mai non servono etichette, ma serve unità vera e concreta».

Il fuoco amico può essere davvero autolesionista. «Non c’è dubbio. Proprio oggi che il Movimento Cinque Stelle sta implodendo, noi abbiamo il dovere di costruire un’alternativa al centrodestra e alla destra di Salvini». 

Si va verso il recupero di un proficuo dibattito interno, quindi. Promette? «Ben venga il dibattito interno. Sono tanti i temi in passato su cui abbiamo balbettato, come ad esempio sulle infrastrutture, o abbiamo assunto posizioni divergenti tra noi, per esempio sul futuro della nostra regione».  

Il dibattito sarà non solo sui temi ma anche sui nomi e sulle liste. «Ci sarà spazio per tutti. Non servono le casacche, ma serve puntare sui meritevoli, è chiaro. Però sono la prima a dire che anziché parlare di liste prima bisogna parlare di contenuti, su cosa proporre ai cittadini. Abbiamo davanti sfide difficili, le prossime amministrative: mettiamo al centro le idee per le città come la mobilità sostenibile, l’housing sociale, la sicurezza svincolata dalla demagogia di Salvini perché i cittadini devono essere difesi dallo Stato e non si devono difendere da soli, c’è bisogno di più agenti e di più fondi per le telecamere, non dello spray al peperoncino».

Bonifazi, il tesoriere del Pd, salta. Lei teme di essere in bilico o delegittimata in quanto eletta prima della tornata delle primarie? «Sarebbe una delegittimazione non a me, ma al Pd perché solo tre mesi fa al congresso regionale hanno partecipato 45mila toscani e mi hanno scelto come segretario con il 65 per cento dei voti, un po’ di più di quanto ha preso Zingaretti in Toscana....».  

L’epoca renziana è finita anche dentro il partito? «Cosa intendiamo per epoca renziana? Dico che c’è bisogno di tutti e quindi anche di Renzi; se ci si riferisce alla stagione di riformismo di governo io spero che si apra una nuova stagione, con ancora maggior slancio. Lui ha detto che resta nel Pd, io sono contenta, non abbiamo bisogno di altre scissioni. Ora però ha vinto Zingaretti, tutti a lavorare con lui».  

Sull’Europa almeno il Pd è unito. «Però la nostra identità europea non vuol dire che non bisogna cambiare l’Europa per rispondere maggiormente all’interesse dei cittadini e non vuol dire non difendere gli italiani».  

Si parla già di Regionali del 2020. «Ora non ne voglio sentire parlare e nemmeno di ipotesi primarie. Ora tutti insieme concentrati su Europee e amministrative. Dopo il voto penseremo alla Regione e all’anno per chiudere la legislatura rilanciando l’azione della giunta. E penso all’ambiente, alla sanità, alla formazione, alla povertà, al volontariato».   

Rossi apre l’alleanza a sinistra. «Lui è uscito dal Pd, ha fondato un nuovo partito. Il Pd deve essere il perno di un sistema di alleanze anche se rimango comunque affezionata alla nostra vocazione maggioritaria. Più di Rossi mi vorrei occupare, ripeto, di come rilanciare l’azione amministrativa della giunta regionale».

Centrodestra. Cosa teme? «Non do per scontato nessuna delle 188 sfide. Tutti i comuni sono contendibili, dobbiamo lavorare con la massima serietà e impegno. E per farlo lasciamo da parte le diatribe interne, per favore».