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Export vivaistico. Un ’rimbalzo’ al 2019: "Tiene il verde urbano. Calano le piantine"

I primi mesi del 2024 fanno segnare un ritorno ai livelli pre-pandemia. Michelucci (Avi): "Dopo il boom covid, il momento non è dei migliori". Spuntano i primi problemi, tra gestione dell’invenduto e ri-coltivazioni.

Export vivaistico. Un ’rimbalzo’ al 2019: "Tiene il verde urbano. Calano le piantine"

"Che il settore in questi primi cinque mesi del 2024 abbia venduto di meno rispetto al passato è sotto gli occhi di tutti: direi che, sostanzialmente, siamo tornati al giro d’affari del 2019, quindi prima del boom di richiesta di verde, piante ed alberi arrivata dopo lo scoppio della pandemia". Archiviato anche il mese di maggio, il presidente dell’Associazione Vivaisti Italiani Alessandro Michelucci prova a capire ed analizzare quello che sta succedendo in questo 2024. A questo punto dell’anno, infatti, nell’ambito del mondo vivaistico è giusto ed opportuno fermarsi a guardare cosa è stato fatto e quali scorie restano a terra per un settore che, dopo due anni e mezzo di picco assoluto (a livelli, forse, mai visti prima), adesso deve fare i conti con un fisiologico rallentamento che sì preoccupa ma non deve demoralizzare gli addetti ai lavori.

"Ognuno guarda a ciò che coltiva ma la situazione generale non è delle migliori – afferma Michelucci –. Ci sono mercati che restano in segno attivo come, per esempio, chi fa piante di alto fusto che servono per il verde urbano: sono mesi di grande lavoro per i Comuni che devono portare a termine i progetti del Pnrr e, di conseguenza, il lavoro non manca. Però, dall’altro lato, chi fa cespugliame o prodotti da garden sta vivendo una fase molto complessa: questo perché l’aumento dei tassi d’interesse dei mutui è alquanto preoccupante, le famiglie hanno meno potere d’acquisto e, se devono tagliare qualcosa dalle proprie spese, intanto iniziano magari con la piantina o i fiori da mettere sul balcone. Di conseguenza, crescono l’invenduto e le piante che devono essere ricoltivate con la speranza di poterle poi piazzare di nuovo sul mercato in un secondo momento, diventando un costo notevole per l’azienda: c’è da usare nuovo concime, nuovi vasi se servono, effettuare le potature e si toglie poi spazio nei vivai ai prodotti da coltivare per le stagioni successive".

Mettendo insieme una "voglia di verde" che è diminuita rispetto a 2020 e 2021, unitamente ad alluvioni e al peso degli agenti atmosferici, ecco che la panoramica parla di una situazione tornata a livelli di pre-pandemia. "Di sicuro dal 2020 la produzione è aumentata per tutti – conferma Michelucci – però diversi fattori, nel frattempo, sono cambiati come per esempio la concorrenza: in Olanda hanno iniziato a coltivare nelle serre come da noi e sono diventati dei competitor notevoli. Poi la guerra incide tanto perché mette angoscia e ti fa pensare di tener chiuso il portafoglio. Infine, l’alluvione che abbiamo subito nel novembre scorso: adesso gli effetti si iniziano a vedere per tutte quelle piante come cipressi, conifere e abeti. Fino a dove gli è arrivata l’acqua nei campi, le foglie non si sono sviluppate e quindi vanno fatti specifici trattamenti andando a far mancare, poi, il prodotto per gli anni successivi, mentre altri prodotti sono davvero irrecuperabili. Tutto il comparto sta lavorando al meglio per recuperare quanti più esemplari possibili, ma il quadro non è comunque semplice e c’è da fare i conti, ovviamente, con la produzione nuova che spinge – conclude – : c’è da trovare gli spazi nei vivai per tutti". E sul mercato, soprattutto.

Saverio Melegari