Trentamila innocenti finiti in manette: perché?

Zuncheddu è libero e nessuna cifra potrà mai restituirgli 33 anni della sua vita. Ma anche chi è in carcere perché ci deve stare ha diritto a una vita dignitosa. Persino il peggior criminale non deve subire un trattamento inumano e degradante

Pecore elettriche

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Firenze, 28 gennaio 2024 - Di riforma della giustizia e di riforma dell’ordinamento penitenziario si parla sempre molto, tra addetti ai lavori preoccupati e ministri della Giustizia sempre ottimisti che spiegano come sarà bello il mondo, un giorno. Sì, ma quando? La giustizia italiana è un’emergenza quotidiana, fra innocenti dietro le sbarre e suicidi dei ristretti. Non tutti hanno la capacità di resistere che ha avuto Beniamino Zuncheddu, l’ex pastore sardo accusato e condannato per un triplice omicidio che non ha mai commesso, e che ha trascorso 33 anni in carcere. Per 33 lunghi anni si è sempre detto innocente e soltanto dopo 4 anni di processo di revisione, venerdì scorso, la corte di Appello di Roma lo ha assolto per non avere commesso il fatto. Un’altra vittima degli errori giudiziari, raccontati nell’omonimo sito da Benedetto Lattanzi e Valentino Maimone. Dal 1991 al 31 dicembre 2022 i casi di innocenti in manette sono stati 30.778, poco più di 961 all’anno: "Il tutto per una spesa complessiva dello Stato gigantesca, tra indennizzi e risarcimenti veri e propri: 932 milioni 937 mila euro e spiccioli, per una media di poco inferiore ai 29 milioni e 200 mila euro l’anno".

Zuncheddu è libero e nessuna cifra potrà mai restituirgli 33 anni della sua vita. Ma anche chi è in carcere perché ci deve stare ha diritto a una vita dignitosa. Persino il peggior criminale non deve subire un trattamento inumano e degradante. Che poi è il motivo per cui la Corte Edu nel 2013 condannò l’Italia per violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti umani. Nel 2012/2013, prima della sentenza, nelle carceri italiane c’erano tra i 62 mila e i 65 mila detenuti. I dati aggiornati al 14 gennaio 2024 dicono che sono 60.328. Ci stiamo pericolosamente avvicinando al numero di ristretti che ci portò alla condanna. Di fronte a a questi numeri, di fronte ai suicidi in carcere - ce ne sono già stati 11 nel solo mese di gennaio - il governo e il ministro della Giustizia Carlo Nordio hanno una unica soluzione che vale per tutto, con la quale intendono affrontare la questione del sovraffollamento carcerario e dei suicidi: l’aumento degli istituti penitenziari. Magari attraverso il recupero di caserme dismesse, ha detto Nordio.

Ma costruire nuove carceri o recuperare altre strutture servirebbe a poco. Anche perché, quanto tempo ci vorrebbe a trasformare le caserme in carceri? È troppo chiedere di migliorare quelle che ci sono? Certo, alcune sarebbero direttamente da abbattere.

Sollicciano è tecnicamente un colabrodo. Piove nelle celle, ci sono i topi, ci sono donne incinte che non dovrebbero stare lì. Venerdì scorso è entrato in servizio il nuovo collegio del Garante dei diritti delle persone private della libertà personale, presieduto dal toscano d’adozione Felice Maurizio D’Ettore, in quota Fratelli d’Italia, prof di diritto privato, materia che non c’entra nulla con l’esecuzione penale. Le domande che si fanno gli addetti ai lavori sono molte: sarà mai entrato in carcere? Sarà al corrente della situazione? Rita Bernardini, presidente di Nessuno Tocchi Caino, ha già la risposta: nessuno del nuovo collegio dei garanti conosce le carceri italiane: "Non mi risulta neppure che nella loro carriera abbiano prestato attenzione a questi temi", ha detto. Tanti auguri.

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