Il tesoretto di Vannacci: voti per il leader Matteo

Il generale è diventato il grimaldello di Salvini per provare a scardinare lo strapotere di Meloni, accusata dalla destra a destra di FdI di essersi svenduta ai poteri forti, alla Nato, agli americani, all’Unione Europea, a Ursula von der Leyen

La rubrica 'Pecore Elettriche' di David Allegranti

La rubrica 'Pecore Elettriche' di David Allegranti

Firenze, 21 gennaio 2024 – Sembrerà che ce l’abbiamo con lui, con Captain Papeete, al secolo Captain Salvini, al secolo solo Matteo Salvini. Il gastronauta dell’Internet col sugo pronto. Ma è impossibile non sottolineare le quotidiane prestazioni del segretario della Lega. L’inventore del partito a fisarmonica: dal 4 al 34 per cento e giù di nuovo al 10 (se va bene). L’ex ministro dell’Interno con la passione per l’allarme migranti. Il leader di partito che alle Europee di giugno 2024 è costretto a sperare nella candidatura del generale Roberto Vannacci, di cui è attesissima l’autobiografia, in uscita a marzo (con Piemme): "Il coraggio vince. Vita e valori di un generale incursore". Il fiero sguardo in copertina. Magnifico. L’altro ha venduto 240 mila copie pressoché in autoproduzione, fruttandogli un gruzzolo non indifferente. Questo dovrà avere anche il potere di trasformare le copie in voti, i lettori in elettori, per salvare la poltrona di Salvini, che cerca di aggredire come può gli spazi degli alleati e degli avversari. Il generale Vannacci vale il tre per cento. Tutto fa brodo. Il 34 per cento delle elezioni europee del 2019 è ben lontano e non scendere sotto il 10, per la Lega, è una necessità. Anche per dare un senso al duello con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che potrebbe candidarsi alle Europee - a differenza di Salvini - per iniettare la dose "booster" a Fratelli d’Italia, quella che serve a superare il 30 per cento. Da mesi, la Lega Salvini e il vicesegretario Andrea Crippa difendono il generale. Da quando è uscito il suo libro, "Il mondo al contrario", Vannacci è diventato il grimaldello di Salvini per provare a scardinare lo strapotere di Meloni, accusata dalla destra a destra di Fratelli d’Italia (citofonare Gianni Alemanno) di essersi svenduta ai poteri forti, alla Nato, agli americani, all’Unione Europea, a Ursula von der Leyen.

Il generale Vannacci attira un pubblico variegato, non necessariamente composto da gente col cranio rasato. Le sue presentazioni sono partecipate, i suoi incontri danno fastidio alla sinistra. Sembra essere parecchio a suo agio con la comunicazione e non pare avere problemi a dire quello che pensa, anche quando definisce Benito Mussolini "lo statista che governò l’Italia dal 1922 al 1943". C’è un aspetto che sembra funzionare, dal punto di vista comunicativo, per quanto non sia certo una novità assoluta: Vannacci si presenta come uno che dice quello che pensano altri ma che non hanno voglia o coraggio di dire. Dice insomma ciò che la politica di Palazzo non può sostenere, almeno in pubblico. Tantomeno Salvini, che è pur sempre il ministro di un Paese del G7. Tutta codesta fascisteria e tutti codesti incursori un tempo sarebbero stati rispediti a casa loro. Umberto Bossi, che magari coi migranti non aveva un grande feeling, era però parecchio severo su fascismo e lepenismo. La virata a destra del foodblogger dei Trasporti senz’altro lo renderà riconoscibile agli alleati dell’eurodestra, ma in Italia l’estremismo viene facilmente addomesticato. Basta vedere che cos’è successo ai Cinque Stelle, piromani diventati pompieri, negli anni a Palazzo Chigi. E poi col tre per cento di Vannacci non si vincono mica le elezioni politiche, casomai si prova a spingere la notte più in là. Ma non sarebbe meglio Luca Zaia?

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