Maia, ovvero l'io narrante di una vera fetente

Nel romanzo d'esordio di Irene Graziosi, "Il profilo dell'altra" (Edizioni E/O), quelli a stare peggio sono i vivi, i sopravvissuti intendo, che alla fine non sono né felici né contenti, contrariamente alle buone favole. Ed è già una notizia, tutta questa scorrettezza, di questi tempi

Pecore elettriche

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Firenze, 16 maggio 2022 - Irene Graziosi, l’ha notato Guia Soncini su Linkiesta, avrebbe potuto scrivere un saggio sulla vita delle influencer e delle comunicazioni social, ma alla fine ha preferito il romanzo. D’altronde si può far sociologia anche con la letteratura; si possono perfino compilare tassonomie accurate della disperazione, con la letteratura, e così l’autrice ha fatto scrivendo “Il profilo dell’altra” (edizioni e/o), dove racconta le gesta di Maia, di professione mangiatrice di caramelle gommose e cameriera sporadica nel bar sotto casa, ventiseienne che va a lavorare per Gloria, che di mestiere fa l’influencer, in sostanza una prigioniera del carcere dei brand.

L’atto di liberazione arriverà, ma sarà così doloroso da incupire anche il lettore, ormai rapito dall’io narrante di una vera fetente: “I brand pagano chi si concede di più. Pagano persone grasse affinché dicano che sono grasse e fiere di esserlo in un video in cui sponsorizzano mutande contenitive; pagano chi ha capito che gli ideali, così come la propria identità, possono essere messi in vendita al miglior offerente”.

Succede quotidianamente, non solo quando c’è da vendere una crema per il contorno occhi, ma pure con gli influencer della politica, che poi casualmente sono i legislatori eletti in Parlamento, che passano le giornate su Instagram e comunicare e vendere il Sè attraverso le storie, perché la pubblicità è l’anima del commercio e anche del consenso.

Nel libro di Graziosi quelli a stare peggio sono i vivi, i sopravvissuti intendo, che alla fine non sono né felici né contenti, contrariamente alle buone favole. Ed è già una notizia, tutta questa scorrettezza, di questi tempi. Perché non c’è spazio per l’innocenza nel libro dell’esordiente Graziosi, autrice e responsabile editoriale di Venti, progetto cofondato insieme a Sofia Viscardi: la stronzaggine e le manipolazioni rimangono tali, non c’è redenzione. Ed è quello che rende molto divertente il romanzo di Graziosi, insieme all’occhio clinico e cinico della cattivissima protagonista: “La call è zeppa di donne. I primi sette minuti trascorrono tra i seguenti convenevoli: Ciao, Stai benissimo; Ho visto dai tuoi social che hai iniziato a fare palestra, Non bevo da due mesi; Quante siamo; Che piacere rivederti; Come sta la nostra Gloria; Le vacanze si avvicinano; Tua figlia ha già tre anni?; Che bei capelli, Tesoro. Oltre a Gloria, gli altri quattro volti della campagna sono una influencer femminista (quattrocentottantamila follower), una influencer mamma (trecentodiciannovemila follower), una influencer grassa (centoquattromila follower), una influencer nera (sessantatremila follower)”. Ecco, “quest’ultima è stata sottratta a un competitor che le ha mandato per errore uno shampoo per capelli non afro. L’influencer nera si era registrata con una parrucca bionda impiastricciata dal prodotto e, piangendo, aveva denunciato il razzismo del brand chiedendo all’obiettivo se i capelli andassero meglio, ora che avevano una parvenza occidentale”.