"La sinistra di Bettini punta sul nuovo M5s di Conte, ma la scommessa è da verificare"

Parla Arturo Parisi, ex ministro della Difesa

Arturo Parisi (Fotoschicchi)

Arturo Parisi (Fotoschicchi)

Firenze, 15 aprile 2021 - Professor Arturo Parisi, Goffredo Bettini lancia una nuova corrente. Ma non erano state bandite dal nuovo corso di Enrico Letta? “Bandite? Se fosse così semplice! Diciamo che in ogni partito come minimo stanno da una parte quelli che si affollano, si pensano, o sono semplicemente pensati come più o meno vicini al segretario di turno, e, dall’altra, per dirla con le parole che oggi sembrano prevalere, il campo, l’area di quanti rispetto a questa prossimità e frequentazione sono marginali o sono finiti variamente esclusi. Di norma è quella del segretario la ‘cosa’ che è portata a negare la sua natura di parte, e a contestare ogni azione che, ancorché solo potenzialmente, disconosca o attenti alla sua pretesa di proporsi semplicemente come il Partito, con l’articolo determinativo e la P maiuscola”. E nel caso di Bettini? “È più complesso. Decisamente. Annunciata da mesi come l’organizzazione dei sostenitori della linea della segreteria, anche con l’obiettivo di liberare il suo promotore dall’imbarazzante e indicibile profilo di ‘guru’ ufficiale, la bruciante sconfitta della linea ‘o Conte o voto’ ha infatti costretto d’un tratto quello che fino ad ieri era lo stato maggiore della nave ammiraglia a riparare su una scialuppa che è finita spiaggiata su un’isola sconosciuta. Convocate per interrogarsi su come continuare la navigazione, le Agorà di Bettini sono finite a discutere sulle cause e i responsabili del naufragio. Sapendo che solo una spiegazione adeguata può consentire di riprendere il mare. E direi ancor di più una narrazione concordata. Per consentire a quelli che si riconoscono naufraghi di raggiungere prima la nave ammiraglia, e vedersi poi riconosciuto il titolo di riconquistare la plancia di comando, e riprendere la navigazione ai loro occhi bruscamente interrotta. È appunto questo che sta dietro la categoria del complotto, attribuita non senza un qualche fondamento dagli avversari come spiegazione e narrazione della caduta del Governo Conte”. Vede discontinuità tra la segreteria Letta è quella di Zingaretti? “Se ci fossimo fermati al discorso di insediamento, e ancor di più al voto, più che unanime, plebiscitario, col quale l’assemblea ha confermato la scelta del nuovo segretario da parte del vertice del Partito, riconoscere la discontinuità sarebbe stato difficile. Col passare dei giorni l’orientamento attribuito a Letta riguardo ai principali nodi che chiedono di essere sciolti, delineano invece una discontinuità crescente, direi proprio un possibile rovesciamento di linea. Anche da questo punto di vista l’iniziativa promossa da Bettini può essere preziosa perché costringe a fare chiarezza. Nonostante le mosse felpate e le parole misurate di entrambe le parti, che, come è avvenuto finora ad ogni cambio si segretario, consentiranno al corpo del partito di passare da una posizione a quella opposta, nascondendo la evidente discontinuità dietro una conclamata continuità”. Ma, in fondo, anche Letta non riparte dal M5S e da Conte? “Appunto. Che riparta è indiscutibile. Che ci arrivi è un’altra cosa. Il fatto che aumentino ogni giorno di più i dubbi su quale e quanto M5S troverà ad attenderlo, e sul fatto che Conte, una volta privato della rendita che gli derivava dalla premiership riuscirà a fare del Movimento di Grillo il Partito di Conte, ci dice che la sicurezza con la quale la sinistra di Bettini scommette sull’evoluzione positiva e rapida che potrà avere il M5S con la direzione di Conte è tutta da verificare. In particolare è da verificare come Conte possa cavalcare il puledro ancora selvaggio che gli è stato affidato privandosi della rivendicazione dei meriti del suo governo in contrapposizione ai demeriti del governo che ai suoi occhi lo ha immeritatamente sostituito. È vero che nelle vene di Letta scorre abbondante il sangue democristiano ma riconoscere in Draghi il proprio Governo, ‘ma anche’ allearsi con Conte (e Travaglio) che più o meno lo sente come un usurpatore non è per nulla una impresa facile”. E sulla legge elettorale? Si parla di nuovo del maggioritario. Il Pd ha cambiato di nuovo idea? “Così sembra. A partire dalla sera del suo insediamento a segretario Letta si è dichiarato orientato a ricominciare dal Mattarellum, la legge che accompagnò per un decennio la seconda stagione della Repubblica. Per il seguito siamo affidati ai si dice. Di certo si può dire che il ritorno al proporzionale, la bandiera comune ai M5S e al Pd di Zingaretti, sembra alle nostre spalle. Ecco un’altro nodo. Un signor nodo sulla strada della alleanza tra Pd e 5S. Io credo che alla fine si farà poco o nulla. Purtroppo il confronto strisciante sulla legge elettorale ci dice più di che cosa i partiti vogliono fare di sé stessi di che cosa vogliono fare del Paese. È su questo che sta la differenza maggiore tra il nuovo Pd di Letta che, sulla scia dell’Ulivo, dice di volersi ispirare all’idea di una democrazia governante che cerca tra i cittadini una indicazione sul chi e come governerà il Paese, e i 5S che non avendo dismesso la pretesa di governarlo da soli, rinviano a dopo il voto la scelta definitiva degli alleati di turno”. E in questo contesto pensa che le primarie per scegliere i sindaci possano servire ancora a qualcosa? “Questo è l’unico punto sul quale l’accordo è ampio. Lo dico con realismo e aggiungo un purtroppo. Troppi sono i presupposti che mancano per una affermazione delle primarie come strumento che allarga il potere dei cittadini alla stessa designazione dei candidati proposti per la guida dei governi locali, al di là della scelta finale tra quelli indicati dai partiti. Perfino nel Pd, che le rivendica come un scelta qualificante, le primarie sono lontane dall’essere condivise come strumento ordinario, e troppo spesso pensate come conferma di decisioni già prese. Ma soprattutto, essendo immaginate come scelta che rafforza l’unità degli elettori della coalizione, le primarie presuppongono l’esistenza di una coalizione che non coincida semplicemente col tavolo dei capi partito che oltre al candidato scambiano tutte le altre cariche del governo locale. Una coalizione accomunata a monte da un qualche ethos e da un progetto per la comunità. Se uno cercasse la prova del ritardo nella costruzione di un’alleanza tra Pd e 5S che non sia soltanto la somma delle convenienze dei propri esponenti, l’ha trovato. Sì! Vedo anch’io in molte parti tentativi di scambiare un candidato in una città con quello di un’altra. Ma mi faccia un esempio di scelte che provino ad accomunare i diversi elettorati! Si fa in fretta a parlare di alleanza organica”.