Editoriale

"Toscana contendibile. Il Pd ora deve reagire"

Pecore elettriche

Pecore elettriche

Firenze, 4 giugno 2023 - L’analisi della cenciata alle recenti elezioni amministrative rischia di trasformarsi, per il Partito Democratico, nel solito processo al leader di turno. Un canovaccio sempre pronto. La solita intervista a Dario Franceschini il giorno dopo il risultato, a spiegare perché sia tutto a posto e niente in ordine; il riaffiorare dell’opposizione interna che ha perduto le primarie il 26 febbraio e che ha mantenuto un cauto silenzio finora; gli interrogativi sul futuro, visto che l’anno prossimo si vota alle elezioni europee e in città importanti (come Ferrara, Firenze, Bari) e fra un anno e mezzo ci sono altre elezioni regionali.

La Toscana, dove nel 2025 si vota, è diventata un caso. Più di altri. Per le sconfitte a Pisa, Siena e Massa: la coalizione di destra-centro ha vinto di nuovo dopo cinque anni. "Ci siamo molto baloccati con l’idea che la Toscana fosse contendibile, ma penso che sia una versione parecchio addolcita. La Toscana è contesa e in buona parte conquistata", dice Emiliano Fossi, segretario regionale del Pd, in un’intervista per il mio libro sul Pd appena uscito per Laterza: "Sono almeno 12 anni che ci sono segnali di progressivo sgretolamento del consenso nei confronti del centrosinistra e del Pd. A ogni passaggio elettorale, abbiamo perso parti importanti della nostra regione. Quindi continuare a raccontarci che siamo un partito forte rischia di essere una novella che ci raccontiamo, mentre il mondo cambia e noi non ce ne accorgiamo. E io, come si dice dalle nostre parti, preferisco aver paura che toccarne. Questo processo è storicamente in corso e non si arresta da solo. Vedo con preoccupazione le prossime scadenze elettorali, come le Regionali del 2025. Sappiamo bene che se perdiamo la Toscana il Pd è finito. Non solo il Pd toscano, ma il Pd nazionale".

Quantomeno sembra esserci consapevolezza. Da queste parti, la destra è riuscita a vincere nonostante sé stessa. Si concede il lusso di frammentarsi, spaccarsi, litigare (a Massa), di cambiare candidato in corsa (a Siena), di candidare il sindaco uscente accompagnato da una lista civica che arriva seconda nella coalizione, grazie all’allargamento del bacino elettorale e alla richiesta di sacrificio ai partiti (a Pisa con Michele Conti). La destra in Toscana oggi si può permettere molto. Al Pd, per ora, rimane Firenze e poco altro. Gli rimane anche la Regione, ma non vedo perché persino lì non possa succedere quello che fino a pochi anni fa sembrava impensabile a Pisa e Siena (certo, finché regge Firenze è impossibile; vero, ma, mi chiedo: come sarà scelto il candidato sindaco? Primarie vere con più candidati del Pd? Caminetto vecchio stile? Con la sola imposizione delle mani?).

Non so che cosa succederà adesso, ma senz’altro quella parte del Pd riformista uscito sconfitto dalle primarie del 26 febbraio avrà argomenti a disposizione per ricominciare a produrre qualche ragionamento politico. Finora è stato tramortito dal risultato delle primarie e dalla bolla schleiniana. Adesso quantomeno potrà far notare che i silenzi di Elly Schlein e un certo isolazionismo non fanno bene al centrosinistra. Non con questa destra, almeno, così competitiva. Non in questa Regione che da tempo ha detto addio alla provincia rossa.