
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella
Firenze, 1 febbraio 2022 - Fabiano Amati, presidente della Commissione Bilancio del Consiglio regionale pugliese, ha ragione Arturo Parisi su Public Policy quando dice che l’elezione per il Quirinale è stata segnata dal tatticismo?
“L’elezione del Presidente della Repubblica si fonda su estremi tatticismi perché così fu congegnata dai costituenti attraverso la previsione dei diversi quorum di votazione (maggioranza qualificata e assoluta) e senza l’obbligo di presentare candidature. Il sistema rispecchia più o meno le regole del Conclave per l’elezione dei papi (anche nella formula rinnovata della Universi dominici gregis), l’assemblea elettiva più tattica che la storia dell’umanità abbia conosciuto, dove peraltro c’è pure bisogno di fare i conti con l’imperscrutabile ispirazione dello Spirito santo. Nel caso dell’elezione del Presidente della repubblica 2022, è mancato certamente lo Spirito santo a ingarbugliare la faccenda, sostituito però dallo spirito sfranto di alcuni leader di partito”.
Leader un po’ sopravvalutati?
“Alcuni sopravvalutati. Altri con modesta preparazione e poi c’è Draghi che non ha realizzato ciò a cui ambiva in modo chiaro per via di modesta preparazione nell’arte superlativa della politica, che per imparare serve lo studio e la competenza, che lui possiede in pienezza, ma anche l’attitudine a impolverarsi le scarpe e confondersi le idee nei riti sempreterni dell’uomo e il potere, che s’imparano nella più plebea vita di partito e a prescindere che la si svolga nelle vecchie sezioni o sui più moderni social”.
Insomma, i riti vanno rispettati.
“In definitiva ciò che è accaduto in questa tornata si è sempre ripetuto in ogni turno d’elezione presidenziale nella storia repubblicana, con leader anche più pesanti e autorevoli miseramente smentiti dalla ‘coscienza’ invisibile del franco tiratore, figura essenziale delle democrazie, che sta al parlamento come il desiderio inconfessato del singolo consumatore sta al mercato. In queste ore ci soffermiamo sugli errori dei leader perché siamo figli dell’attualità o dell’eterno presente e a stento memori del passato, dimenticando che questa modalità di elezione del Presidente fu voluta così proprio dai costituenti e per assicurare esiti in cui a vincere fossero tutti, cioè nessuno e così avvicinarsi di più all’aspettativa dell’unità nazionale. Come in un Conclave, appunto, quanto dal loggione di San Pietro, dopo decine di approcci, colpi bassi e alleanze fatte e disfatte, sulla carta tutti ovviamente vietati, appare il papa benedicente, il pontefice, il ponte di tutti e pure sommo. Miracoli di un sistema d’elezione, che alla fine indirizza quasi sempre sul migliore e nelle condizioni date, come è accaduto per Mattarella. Decisamente il meglio che si poteva”.