Il condominio politico è pieno di agende

In una politica povera di idee e priva di sovrastrutture ideologiche solide, ci si rifugia dietro escamotage retorici

Pecore elettriche

Pecore elettriche

Firenze, 14 agosto 2022 - La sfida adesso è sopravvivere alla campagna elettorale balneare, con tutti questi appelli al comitatismo di liberazione nazionale contro l’allarme fascismo, con tutte queste promesse lunari (un milioni di alberi, la flat tax sempre più bassa, chi offre di meno?) e con tutte queste liti da pollaio di una classe dirigente politica fragile e senza idee.

Il centrosinistra agita lo spauracchio della vittoria “delle destre”, sempre al plurale, spiegando che se vincono Salvini-Meloni-Berlusconi torna il fascismo eja, eja, alalà! Il programma del centrodestra sembra uscito da una televendita con il prefisso 144, costa 50 miliardi al secondo, tanto chissenefrega del debito pubblico, già è alto così, un miliardo in più o in meno che vuoi che sia. Poi c’è il condominio liberale, dove Carlo Calenda è passato da dire che “Renzi non vuole far niente con nessuno”, spiegando perché con l’ex presidente del Consiglio non ci sarebbe stato nessun accordo, a essere il leader della ritrovata alleanza Azione-Italia Viva (con Renzi che prova a stare fuori dal palcoscenico, lui che non è mai stato il numero due di nessuno; e forse anche stavolta…).

Con divertenti , si fa per dire, spin off della campagna elettorale di +Europa, che insieme al Pd ha deciso di candidare Carlo Cottarelli, avviando un giro di bastonate contro Calenda. In ordine: l’altro giorno Emma Bonino ha iniziato la conferenza stampa di +Europa con il Pd attaccando “il voltafaccia immotivato e truffaldino” di Calenda; dunque Benedetto Della Vedova: “Oggi rilanciamo il patto con un altro Carlo”; infine Riccardo Magi con l’hashtag su Twitter: #IlCarlogiusto. C’è poi Luigi Di Maio in coppia con Bruno Tabacci, che cerca di darsi un tono da statista. Si è pure adontato perché Berlusconi ha detto che se passasse la riforma presidenziale, vecchia battaglia del centrodestra, servirebbe un nuovo capo dello Stato. Dichiarazioni “inquietanti”, ha detto il ministro degli Esteri, proprio lui che di Sergio Mattarella aveva chiesto l’impeachment salvo poi, il mattino dopo, fantozzianamente lanciarsi in un tripudio di “è un bel presidente, un santo, un apostolo”. Non dimentichiamo il solito Beppe Conte, versione descamisado; ha stoppato Virginia Raggi e Alessandro Di Battista, candidabili alle parlamentarie ma pericolosi per la “leadership” - si fa per dire - di Conte. Sono rimasti fuori dal Parlamento, ma annunciano comunque sfracelli, mentre Conte è da settimane in modalità vittimista: ce l’hanno tutti con me, con il M5s, dice l’ex presidente del Consiglio.

Ecco, in una politica povera di idee e priva di sovrastrutture ideologiche solide, ci si rifugia dietro escamotage retorici. Come le agende. Ora va di moda l’Agenda Draghi, che è un modo come un altro per tirare per la giacchetta il presidente del Consiglio dimissionario e per non fare neanche la fatica di produrre un programma elettorale ragionato e autonomo, senza bisogno di ricorrere al principio d’autorità. Più che una campagna elettorale per votare pare un invito all’astensione (balneare).

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