La Regione vara la variante di aggiornamento del Piano regionale cave con l’obiettivo di concedere ancora più volumi alle aziende estrattive, il 5% in più su quanto già concesso su base ventennale. Attenzione, però, non si parla solo di pietre pregiate, di Alpi Apuane e di marmo, ma di tutte le attività estrattive che si espandono su più comprensori e bacini. Un 5% che in quanto ‘minore’ consente di configurare la variante come non sostanziale e non andando a definire nel dettaglio su quali territori spalmare i volumi in più permette alla Regione di agire in maniera ‘semplificata’. Ma perché concedere più volumi? E’ una previsione della stessa normativa, del Piano regionale cave, che stabilisce quelli che chiama ‘Obiettivi di produzione sostenibile’ per ciascun comprensorio e che possono essere incrementati solo per tre motivi: garantire l’approvvigionamento di materiali necessari a realizzare opere pubbliche, per sostenere le filiere produttive industriali, a seguito di necessità emerse nel tempo.
E’ difficile dire ora quanto questo 5% potrebbe incidere sulle cave e sul nostro comprensorio. Ma stando ai numeri, ed è qui che dovrebbe inserirsi il discrimine, questa variante non avrebbe ragion d’esistere per la nostra zona. All’attuale velocità di escavazione e utilizzo della risorsa, proprio dai calcoli fatti dalla Regione siamo ben lontani dalla saturazione dei volumi concessi su 20 anni, dal 2019 al 2038. E di molto. Persino a Carrara. Eppure la Regione utilizza i volumi concessi anche per le Alpi Apuane all’interno del calcolo del 5% in più da utilizzare. Un piccolo passo indietro: il totale di escavazione concesso dal Prc in 20 anni è di quasi 180 milioni di metri cubi su tutta la Toscana. Gli ornamentali delle Apuane pesano per circa 47 milioni, di cui attorno ai 34 milioni solo Carrara. Ecco che il 5% in più sul totale vorrebbe dire concedere quasi altri 9 milioni di metri cubi e la ‘quota’ che deriva dai volumi sulle Apuane si aggira sui 2,35 milioni di metri cubi in più. Ma, come detto, stando proprio ai calcoli della Regione non ci sarebbe bisogno di concederli. Vediamo perché. Nell’anno ‘record’, il 2022, il comprensorio di Massa Carrara ha escavato meno di 1,5 milioni di metri cubi. Ben al di sotto delle medie produttive annuali per raggiungere le quote massime ritenute ‘sostenibili’. Carrara dal 2019 al 2022 ha escavato 5,2 milioni di metri cubi rispetto a una media annua di 1,7 milioni di metri cubi, quindi ha coperto attorno al 75% di quanto concesso. A questa velocità alla fine dei 20 anni del Piano regionale cave gli resteranno comunque ancora volumi da scavare, attorno al 23%. Fivizzano, a cui spettano meno di 2 milioni di metri cubi, con le medie attuali arriverà a coprire sì e no il 13% dei volumi concessi nel 2038. E Massa, a cui spettano 4,57 milioni di metri cubi, dovrebbe fermarsi al 32,3% perché in 4 anni ha scavato meno di 300mila metri cubi. Insomma, sul versante Apuane non ci sarebbe bisogno di ulteriori quote di montagne da cavare. La variante, però, partendo dai bacini che stanno lavorando oltre le proprie capacità (argille di Impruneta e i Gessi Pisani), mette tutto nello stesso calderone.