Covid, undici mesi di ricovero in ospedale. "Vi racconto il mio calvario"

L’odissea di Vincenzo Currà dopo 5 mesi in rianimazione e 8 cliniche "visitate". Si ammalò un anno fa di polmonite bilaterale, ora è tornato finalmente a casa

ll 22 novembre la famiglia Currà terrà il 'Vincenzo day'

ll 22 novembre la famiglia Currà terrà il 'Vincenzo day'

Carrara, 5 novembre 2021 -  Un’odissea fra la vita e la morte durata 11 mesi. Quasi un anno di ospedale, otto cliniche diverse fra terapie intensive, sale operatore e cure intermedie. E’ tornato a sorridere e soprattutto a respirare Vincenzo Currà, 70 anni compiuti ieri, che si ammalò di Covid nel novembre dello scorso anno. Ora dopo un anno sospeso fra la vita e la morte la famiglia è pronta per il"Vincenzo day" con una grande festa in suo onore a cui sono invitati tutti gli amici e i parenti. Ovviamente con tutti i rigorosi criteri di difesa anti Covid.

«Era il 22 novembre del 2020 quando, dopo un periodo di quarantena, i miei sintomi peggiorarono – racconta Vincenzo, adesso circondato dall’affetto di tutti i suoi cari –: febbre alta, saturazione anomala, difficoltà di respirazione. Al Noa il terribile verdetto: polmonite bilaterale con il 75 per cento dei polmoni compromessi. Immediato il ricovero in terapia intensiva. Intubato, isolato, la mia vita è stata attaccata alle macchine per cinque mesi". Ad aprile timidi segnali di ripresa e il trasferimento al Versilia prima e alle cure intermedie di Carrara poi. "Tuttavia – racconta il figlio Roberto, titolare del bar Sonia di Avenza – i suoi polmoni davano ancora preoccupazione per cui venne portato a Pisa dove parlarono della necessità di un’operazione che avrebbe avuto il 50 per cento di successo. Da lì il viaggio della speranza per capire cosa fare fino a che a Padova il dottor Federico Rea, un’eccellenza nel suo campo, non ci ha dato una speranza. Quando vide la cartella clinica si meravigliò che mio padre fosse ancora vivo. Così con l’elicottero venne portato a Padova dove fu operato. Era il 24 giugno, San Giovanni Battista, a cui mio padre è molto devoto. San Giovanni è il patrono di Fossola dove viveva mia sorella Sonia che morì in un incidente stradale a 24 anni, 20 anni fa. Mio padre si è sempre rivolto alla sua figlia mancata: da lì ha avuto quella forza necessaria".

Uscito da Padova ha seguito il normale decorso post operatorio e tre settimane fa Vincenzo è tornato a casa. Ieri il compleanno, con la moglie Pina, i figli Lorena, Antonio, Roberto con la moglie Alessia.

«E’ stata dura – racconta con ancora un filo di voce Vincenzo: ci vuole tanta forza personale e la fiducia nella scienza. Voglio ringraziare tutti i medici che mi sono stati vicini e che hanno fatto un autentico miracolo. I dottori della rianimazione, il primario Alberto Baratta, Franco Bardini, Giamila Mosti e tutto il personale che mi ha assistito con umanità e professionalità". Infine un appello ai novax e a chi ancora crede nell’occultismo: "Se adesso sono vivo è grazie alla medicina. Quando mi sono ammalato il vaccino non c’era ancora: il vaccino va fatto per evitare situazioni come la mia. Ho visto persone morire, le peggiori sofferenze. Anche se ci si ammala ugualmente, il vaccino aiuta a non finire in rianimazione".