
Sport allo specchio. Marcinnò (Libertas) lancia l’allarme: "Troppa burocrazia"
E’ finita l’epoca dei campioni dello sport. Sentenza durissima, quella che eviterebbe volentieri di pronunciare Renzo Marcinnò, presidente provinciale Libertas. "Come al solito però non possiamo limitarci alla conta delle medaglie dando per scontato che le vittorie arrivino per una qualche congiunzione astrale favorevole. I risultati degli atleti che hanno partecipato agli Europei di Roma (così come le vittorie nel tennis, nella ginnastica ritmica, nello sci, ecc.) sono il frutto del lavoro e dei sacrifici delle donne e degli uomini che scendono in pista o sul campo e rappresentano il risultato finale del lavoro che altre centinaia di donne e uomini svolgono nel corso dell’anno e degli anni, a supporto degli atleti. Sono allenatori, dirigenti, addetti agli impianti, medici, fisioterapisti, magazzinieri, papà e mamme che sostengono il duro lavoro degli atleti".
Chiaro, non c’è niente di scontato nei risultati. Ma perché dubitarne in partenza?
"Tutti i nostri campioni sono passati, giovanissimi, dalla piccola Società del paese o della città dove sono nati e cresciuti che li ha avviati allo sport, ne ha sviluppato il talento e coltivato la passione. Questo lavoro, svolto in molti casi da volontari appassionati, è propedeutico alle medaglie. Se non ci fossero queste donne e questi uomini che a costo di sacrifici personali si dedicano alla promozione dello sport, sarebbe impensabile raccogliere i risultati di cui siamo legittimamente orgogliosi. Non possiamo però esimerci da una riflessione sul futuro dello sport nel nostro Paese. Le vittorie non possono farci adagiare sugli allori".
Qual è la riflessione che intende lanciare?
"E’ una preoccupazione vera, profonda. Un allarme diffuso. Le ultime Riforme legate al mondo dello Sport stanno incredibilmente appesantendo gli adempimenti di ordine fiscale, normativo, regolamentare, economico, che decretano la chiusura di molte Società di base che avevano eroicamente resistito alla pandemia e che sono stroncate dal peso di Leggi che sicuramente non incoraggiano la prosecuzione delle attività da parte di chi lo fa solo per passione e amore dello sport e dei ragazzi e delle ragazze. La retorica dello sport come strumento di crescita personale, tutela della salute, socializzazione, di cui ci si riempie la bocca ogni volta che c’è da celebrare qualche successo, va a sbattere con l’atteggiamento della politica che certamente non agevola lo sport di base, che è presupposto essenziale per coltivare campioni, con appesantimenti burocratici, scarsi investimenti sugli impianti, lacci e laccioli che in nome della regolarizzazione di situazioni è vero, a volte ai limiti della legalità, butta via il bambino con l’acqua sporca, punendo anche le realtà più virtuose".
C’è un rischio reale di una parabola pericolosamente discendente nello sport?
"E’ un fatto che i campioni di oggi sono frutto dell’impegno degli anni passati di un movimento di base che ha coinvolto milioni di giovani nella pratica sportiva. Nelle condizioni attuali c’è da temere che gli anni prossimi, passata l’onda di questa generazione di fenomeni non arrivata per caso, sconteremo la desertificazione che le politiche verso o, meglio, avverso lo sport stanno provocando creando terra bruciata attorno a tutto il movimento dello sport di base. La politica sta tagliando il ramo su cui si è seduta per celebrare le medaglie di oggi. Con queste premesse il domani ci spaventa, e non poco".
Laura Sartini