Calcio, crisi della Lucchese: pranzi al sacco in trasferta. E la città organizza collette

Una situazione molto delicata. La grande dignità dei giocatori, che non ricevono da mesi lo stipendio

Alcuni giocatori della Lucchese nella trasferta di Olbia

Alcuni giocatori della Lucchese nella trasferta di Olbia

Lucca, 3 aprile 2019 - La risposta migliore per combattere la parte marcia del pallone? Arriva dai giocatori della Lucchese e dai suoi tifosi. Società fantasma, stipendi arretrati, accavallarsi di penalizzazioni, penultimo posto in classifica. Eppure giocatori e città si sono uniti in un moto d’orgoglio senza precedenti. Sì, perché mentre i grandi imprenditori locali sembrano giocare a nascondino, tifosi e città hanno ‘adottato’ la squadra senza pensarci.

«Capita che la gente ci fermi per strada – racconta il direttore sportivo Antonio Obbedio –, tiri fuori dalle tasche il portafoglio e ci metta in mano le banconote. Soldi che ci servono per le piccole spese, come l’acqua o i pranzi al sacco durante le trasferte. Per pagare pullman o albergo invece lanciamo un appello a qualche grande sponsor».

La situazione è paradossale, frutto di un calcio malato e forse irrecuperabile, ma la reazione dei giocatori della Lucchese lascia sbalorditi e commossi. Sono ragazzi giovanissimi eppure hanno dimostrato una maturità e una serietà da stropicciarsi gli occhi. Non vedono lo stipendio da mesi, hanno dovuto tagliarsi l’erba da soli, ma sono sempre lì.

A lottare per la maglia. Settimana dopo settimana. Oggi alcuni giocatori saranno al botteghino a vendere i biglietti per la prossima partita. I tifosi ricambiano con raccolte fondi e ondate d’affetto. Gesti di solidarietà che spiegano quanto sia forte questo legame. Dopo la vittoria con la Pro Patria in curva c’era chi rigava le guance con le lacrime. La settimana scorsa una delegazione di giocatori ha fatto visita alla redazione de La Nazione di Lucca per un filo diretto con i tifosi. Sono arrivate decine di chiamate e messaggi. Testimonianze d’affetto, parole d’incoraggiamento. Voci commosse. La dichiarazione del difensore Marco De Vito ha lasciato il segno: «E’ imbarazzante accettare che certi soggetti ci abbiano messo in questa situazione. Come fanno a svegliarsi e guardarsi allo specchio avendo sulla coscienza trenta famiglie?». La ribellione al calcio malato parte anche da qui.