Niente assunzione perché mamma. Il giudice condanna il Comune

La donna aveva chiesto il congedo parentale. "Decisione discriminatoria"

Avrebbe dovuto firmare il contratto di assunzione a tempo pieno e determinato (24 mesi) dopo aver vinto la selezione avviata da un Comune maremmano, ma quando ha comunicato che avrebbe dovuto poi chiedere il congedo parentale facoltativo per seguire il figlio nato da pochi mesi il contratto non le è stato fatto firmare. La vicenda è finita in Tribunale e il giudice del lavoro ha rilevato un "comportamento discriminatorio" condannand il Comune al pagamento di 18mila euro per danno patrimoniale, 8mila per danno non patrimoniale e 4800 euro per le spese legali. Il Comune, però, ha preannunciato ricorso.

La storia risale al giugno 2023, quando la donna – dopo aver usufruito del periodo di astensione obbligatoria post parto – era stata convocata in Comune per firmare il contratto. Si era presentata dal dirigente al quale ha anticipato la necessità di chiedere un periodo di congedo parentale facoltativo per seguire il figlio, perché il marito era costretto ad assistere il padre gravemente malato. Il dirigente non le ha fatto firmare il contratto e la donna ha chiesto l’intervento dei carabinieri. Poi tutto è passato ai suoi avvocati.

"Il Giudice del Lavoro – spiega Laura Parlanti che, in qualità consigliera alle Pari opportunità della Provincia, era stata informata del caso – ha applicato l’articolo 25, comma 1, del codice delle Pari Opportunità, il quale dispone che ’costituisce discriminazione diretta qualsiasi disposizione che produca un effetto pregiudizievole discriminando le candidate e i candidati, in fase di selezione del personale, le lavoratrici o i lavoratori in ragione del loro sesso e, comunque, il trattamento meno favorevole rispetto a quello di un’altra lavoratrice o di un altro lavoratore in situazione analoga’. Per la norma ciò che rileva non è l’eventuale “volontà discriminatoria” del datore di lavoro, ma il concreto “effetto” che quel determinato comportamento ha prodotto. Nel caso specifico, il Tribunale ha ritenuto che la decisione dell’ente di sospendere la procedura di selezione, prima, e di dichiarare la decadenza dall’assunzione poi, non sarebbero state assunte se la candidata al momento della firma del contratto non avesse manifestato l’intenzione di chiedere sin da subito un periodo di congedo parentale per accudire il figlio nato da poco. In sintesi: alla ricorrente è stato riservato un trattamento diverso da quello che avrebbe ricevuto se non fosse diventata mamma, in quanto è stata la particolare condizione di maternità che ha fatto sì che l’ente abbia deciso di non procedere alla sua assunzione e tale circostanza costituisce discriminazione diretta, vietata dal Codice pari opportunità".