La piaga predazioni: "I cani da guardiania possono avere un ruolo centrale"

Nelle aziende zootecniche associate a DifesAttiva è stato verificato che dal 2017 al 2022 gli attacchi dei lupi sono calati e sono diminuiti anche i capi predati: uno per ogni attacco subìto.

Il tema delle predazioni è d’attualità in Maremma. Lo sanno bene i pastori chiamati a convivere (o almeno provano a farlo) con i predatori e lo sanno bene le associazioni di categoria che negli ultimi anni hanno raccolto testimonianze di pastori stanchi di contare gli ovini sbranati. In provincia di Grosseto di predazioni se ne parla come un’emergenza tanto che a novembre 2023 la Coldiretti ha chiesto e ottenuto la convocazione di un tavolo in Prefettura. Il confronto fu importante e permise di toccare molti temi legati al fenomeno predatorio in Maremma. Sia in quel contesto ma anche in altri più voci hanno avanzato l’idea di intervenire in maniera mirata con attività di contenimento, nelle zone a maggiore intensità predatoria di lupi ed ibridi. Il 2024 si è aperto con le stesse problematiche del 2023. Molti allevatori sono costretti a fare spesso la conta dei capi uccisi. Però non tutti gli addetti ai lavori credono che il lupo sia il problema. In provincia c’è un’associazione che ritiene il lupo uno dei problemi. È DifesAttiva, nata nel 2017 e oggi conta in tutta la provincia 22 aziende associate. L’associazione è guidata dalla presidente Francesca Barzagli e lavora affinché si comprenda il ruolo centrale che hanno i cani pastore. "Guardando alle aziende zootecniche associate a DifesAttiva possiamo notare che dal 2017 al 2022 gli attacchi predatori sono calati e sono diminuiti anche i capi predati – commenta Barzagli –. Siamo arrivati a un capo predato ad attacco predatorio. Alcune aziende hanno azzerato completamente, altri hanno ridotto, subendo meno danni – spiega Barzagli – . Nel 2023 le predazioni sono in aumento e anche i capi predati". La presidente poi commenta: "Parlando coi titolari delle aziende associate a DifesAttiva ci siamo accorti che sono morti molti cani – commenta – . Educare un nuovo cane è una grande forma di investimento. E’ bene ricordare che ci vogliono almeno due anni per educarlo. Ma due anni per un’azienda come le nostre sono un tempo infinito e una spesa economica importante, insostenibile. Per questo quando un cane muore difficilmente ne subentra un altro. Quando muore un cane salta l’equilibrio del gregge e ricomporlo non è facile". Poi Barzagli ribadisce: "Quindi se si va a chiedere agli allevatori se le predazioni sono aumentate risponderanno di sì ma il motivo è che non hanno il numero di cani sufficiente per gestire il gregge". Snocciolando dei dati e mettendo a confronto la consistenza degli allevamenti e capi ovini della Toscana con quelli della Sardegna si vede come il trend di chiusura delle aziende è più o meno la stesso. "In Toscana come in Sardegna gli allevamenti di ovini tendono a scomparire ma nell’isola il lupo non c’è – conclude Barzagli –. Questo ci dovrebbe far riflettere perché a volte si attribuisca la chiusura delle aziende esclusivamente al problema del lupo,mentre i predatori sono solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso".

Nicola Ciuffoletti