Estorsioni con metodo mafioso, arrestata la guardia del corpo del commercialista

In manette Sarukhanyan, l’uomo di fiducia di Evans Capuano, l'uomo rinchiuso nel carcere di Sollicciano

Direzione investigativa antimafia

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Grosseto, 24 ottobre 2017 - «Un quadro indiziario solido e coerente» e «l’interrogatorio di garanzia non ha apportato elementi fattuali realmente significativi e tali da inficiare l’esito delle indagini» e soprattutto «nè sono state fornite chiavi di lettura verosimili e diverse dalla prospettiva dell’accusa, rispèetto ai fatti già noti».

Sono le parole scritte dal giudice per le indagini preliminari di Firenze Francesco Bagnai che ha confermato il carcere per il commercialista di Follonica Evans Capuano, arrestato pochi giorni fa dalla Dda di Firenze, insieme ad un collaboratore, con l’accusa di estorsione con l’aggravante del metodo mafioso.

Il commercialista, che aveva chiesto la revoca della misura e in subordine la sostituzione coi domiciliari, resterà in carcere. Ora è ristretto nel penitenziario di Sollicciano a Firenze. Secondo il giudice Bagnai, il commercialista Evans Capuano avrebbe detto al giudice di non aver nulla in comune con Angelo Murè, l’imprenditore arrestato e ritenuto complice del commercialista, tranne «questioni civilistiche» e ha escluso di aver avuto parte nelle accuse di pestaggi e danneggiamenti a danni di terzi che, secondo le indagini lo coinvolgerebbero e che ci sono stati a Follonica e nel Grossetano.

«Ritenuto che questa ricostruzione non sia verosimile – si legge nelle motivazioni del giudice – non esiste un plausibile movente autonomo di Murè nei confronti di Giovannelli. Le perquisizioni, inoltre - prosegue il giudice - hanno portato al sequestro di una pistola con matricola abrasa, alcuni assegni postdatati, cambiali e documenti in bianco già firmati. La guardia del corpo di Capuano, Karen Sarukhanyan, ha cercato di far sparire una busta verde contenente l’arma ed è stato arrestato».

Secondo il gip inoltre la richiesta della misura cautelare è da rigettare anche perché «il pericolo di reiterazione del reato e inquinamento probatorio posti a fondamento della misura sono sempre concreti e attuali, anche perché si tratta di una misura applicata da pochissimi giorni».

E poi «alla luce del risultato delle perquisizioni, una qualsiasi misura di tipo non detentivo e non in carcere, consentendo di fatto all’indagato di comunicare con l’esterno, metterebbe in serio pericolo le vittime ed esporrebbe coloro che intendono collaborare con le indagini a probabili ritorsioni».

Le indagini dei carabinieri della compagnia di Grosseto e della guardia di finanza, coordinata dalla Dda di Firenze e dalla procura di Grosseto, sono comunque e in pieno corso e potrebbero portare a ulteriori sviluppi anche grazie all’aiuto di nuove testimonianze.