Il capitano della Primavera. Biagetti, cuore e maturità: "Io, Barone e la Coppa. Ora voglio esordire in A»

Dagli inizi agli anedotti che riguardano il dg. Il difensore viola a tutto campo

La sogna ancora quella palla spinta in rete da Rubino, all’ultimo rigore della lotteria che ha regalato alla Fiorentina Primavera la sua ottava Coppa Italia, la quinta degli ultimi sei anni. Stavolta però per Christian Biagetti, capitano della squadra di Galloppa di professione difensore, questo trionfo è stato più speciale di altre volte. Perché è arrivato con la fascia al braccio, nel ricordo commosso di Barone e a pochi mesi dalla sua prima avventura tra i grandi.

Eppure, Biagetti, non partivate coi favori del pronostico…

"Noi non ci siamo mai sentiti sfavoriti, nonostante le voci che giravano. Abbiamo fatto una grande partita, dimostrando di saper soffrire. In questi giorni sto riguardando i video di quella serata e ancora non ci credo. Per come era partita la stagione, questa Coppa è stata un giusto premio".

Il vostro primo pensiero, dopo il rigore decisivo, è andato subito a Barone…

"Sono stati giorni drammatici per tutta la Fiorentina quelli successivi alla sua morte. Joe era al Viola Park ogni giorno e quando mi vedeva si fermava sempre a parlare. Di lui porterò nel cuore due episodi".

Quali?

"Il discorso che ci fece negli spogliatoi prima della gara con il Milan, quando le cose per noi non stavano andando bene, e quando venne a chiederci se nel nostro padiglione volessimo qualche svago in più: voleva fare di tutto purché noi giovani ci sentissimo a casa. Per questo abbiamo voluto dedicare la Coppa alla sua memoria".

Siete un gruppo costituito quasi solo da toscani e tifosi viola: quanto conta questo aspetto?

"Tantissimo. È come avere una marcia in più perché senti il peso della maglia che indossi. È spettacolare sentire parlare in fiorentino dentro lo spogliatoio".

Lei veste la maglia viola dal 2016 e ha girato tanti campi d’allenamento: com’è ora lavorare al Viola Park con la prima squadra a un passo?

"Io ho lavorato ovunque: dal Cerreti alla Trave fino alle Due Strade. E tutte le volte che andavo a Milanello o a Vinovo provavo invidia per i centri sportivi delle altre società. Il presidente però ha costruito questa meraviglia e adesso, nel mio ultimo anno nel settore giovanile, me la godo".

Kayode è un modello di riferimento per lei?

"Ogni volta che Mike gioca sembra che in campo ci sia io: sento per lui la pressione, talmente gli voglio bene. Una volta a un bar sentii una critica su di lui e mi arrabbiai con il tifoso che lo aveva attaccato".

Ci parli di lei: è vero che il suo arrivo alla Fiorentina è stato casuale?

"Io giocavo nelle giovanili del Gavorrano e stavo per passare al Venturina. Poi però, proprio nel giorno in cui stavo per firmare, è arrivata la chiamata della Fiorentina. Feci un provino e firmai".

Avere il padre allenatore quanto l’ha aiutata ad amare il calcio?

"Quando avevo quattro anni portavo le borracce ai bambini che lui allenava. Poi a cinque ho iniziato a giocare: prima da attaccante poi da centrocampista e infine da difensore. Il calcio è la mia vita".

Per questo andava da piccolo allo stadio a tifare Fiorentina…

"Sì, mio nonno mi ci portava spesso. È a lui che devo la mia fede viola, perché mio padre è interista: al mare il nonno mi faceva ascoltare l’inno di Narciso Parigi e mi mettevo a ballare. Impossibile non diventare tifoso".

E oggi, Biagetti, qual è il suo sogno nel cassetto?

"Voglio esordire in Serie A con la Fiorentina: sarebbe il coronamento di uno splendido percorso".

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