Nencini, voto in extremis al Var. Il socialista dà la fiducia al premier

E lo ha fatto ai tempi supplementari, riammesso al voto dopo la visione del ’var’ istituzionale

Riccardo Nencini

Riccardo Nencini

Firenze, 19 gennaio 2021 - Riccardo Nencini, il senatore socialista, presidente del Psi, eletto nel collegio aretino nelle forze di coalizione del centrosinistra, padrone di casa del gruppo che ha accolto Italia Viva a Palazzo Madama dopo l'addio al Pd, ha votato la fiducia al premier Conte. E lo ha fatto ai tempi supplementari, riammesso al voto dopo la visione del ’var’ istituzionale. «Ho votato la fiducia convinto dall'apertura di Conte alle forze liberali, popolari e socialiste. Una casa utile per sostenere il governo. Lo avevo deciso da un pezzo» dice dopo aver votato la fiducia al governo, a caldo alle agenzie di stampa.

Quanto al ritardo nel voto si giustifica: «Ero in una riunione». E Renzi sapeva del suo voto? «C’è ottimo rapporto con lui», replica Nencini. Chissà se anche dopo l’appoggio al premier che porta il pallottoliere a 156 sì insieme al voto di Alfonso, detto Lello Ciampolillo, ex del Movimento 5 Stelle, arrivato anch'esso al fotofinish. «Ho votato sì ma non lascio il gruppo di Italia viva e non è mai stato in questione il simbolo. Il gruppo parlamentare si chiama Italia viva trattino Psi, io sono stato sempre dopo il trattino, non ho mai pensato di togliere il simbolo».

Nencini, capace di galleggiare e riemergere nella politica italiana col glorioso simbolo del Psi ridotto a una manciata di voti, era diventato il ’temporeggiatore’ in questi giorni in cui si era detto ’costruttore’ ma per ripartire dalla maggioranza che sosteneva il Conte bis. Diceva e non diceva. Una parola in più e due di meno. Un politico da 1x2 che ha tenuto nascosto le carte fino alla fine. Apparentemente. Chi lo conosce in Parlamento, specialmente nel centrodestra, lo aveva previsto da giorni: "Occhio a Nencini, guardate che farà....". Durante il suo discorso a Palazzo Madama aveva però preso tempo. Apparentemente. «I socialisti valuteranno a tempo il suo proposito - ha detto rivolgendosi al premier - tenendo conto che in questi mesi abbiamo sostenuto il suo governo da apolidi: non ne facciamo parte né abbiamo ricevuto inviti a partecipare a riunioni su decisioni. Quando non siamo stati d'accordo, abbiamo espresso qui il nostro dissenso lealmente e alla luce del sole. Ora a noi sta a cuore il progetto di rinascita dell’Italia». E aveva dato appuntamento a Conte: «Approvato lo scostamento di bilancio, che voteremo, convochi le forze europeiste che accoglieranno il suo appello». E invece Nencini non ha aspettato l'appuntamento che aveva fissato e si è fatto trovare pronto. Troppo forte la tentazione di correre in soccorso al premier. Superando anche la prova ’var’. «Non servono 161 voti per la fiducia, basta leggere la Costituzione. Dal ‘44 a oggi ci sono stati una decina di governi che non hanno goduto in origine della maggioranza assoluta» ha detto. Lo sa bene: da temporeggiatore a ’costruttore’ a ’stampella’ in extremis di Conte.

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