Il prosciutto di Maino

Firenze, 7 giugno 2016 - Chissà quanti sestesi domenica notte sono andati a letto ripensando alla ‘leggenda’ del prosciutto che Maino e la sorella, all’inizio della Seconda guerra mondiale, si contesero picchiandosi, ma senza possedere ciccia e osso. I sestesi raccontano la vicenda quando vogliono dire che è meglio rimanere saggiamente ancorati alla realtà, invece che fantasticare fino a restare vittime dei sogni. Sesto ha bisogno di dialogo, di reciprocità tra chi vuol governare e la gente. Lo ha dimostrato il successo di Falchi.

Il voto di Sesto non rappresenta solo Sesto. E’ molto di più. Perchè quella terra è stata storicamente il motore dell’economia fiorentina. E il Pci prima, il Pds e i Ds e poi Pd, insomma la sinistra, ha raccolto per decenni percentuali tra il 55 e il 60 %. Una sinistra di lotta e di governo capace di interpretare in una concertazione virtusosa l’esaltazione del lavoro: diritti ma anche capacità di dire sì all’imprenditoria che investe.

Come la leggenda del prosciutto di Maino si è fantasticato su dati vicini o sopra il 50 % per il giovane Lorenzo Zambini, erede della sindaca Biagiotti. Un sondaggio diventato incubo. Il Pd deve ripartire in una sfida al ballottaggio tutta in salita. Ma attenzione: i problemi non sono nati il 5 giugno quando ha preso una sberla da 7000 voti in meno. Vive una crisi profonda arrivata all’apice nell’estate del 2015 con la defenestrazione della sindaca renziana. Secondo l’ex sindaco Melani la crisi è iniziata 15 anni fa quando il gruppo dirigente si è chiuso nel suo potere mentre l’altro ex sindaco Barducci aveva messo in guardia un anno fa: «Il Pd è polverizzato».

Zambini non poteva arrivare a quel tetto tra il 48 e il 51 per cento. Era chiaro. Lui è rimadato alla sfida del ballottaggio. Solo se riparte dalla gente (e anche dai desaparecidos del voto) può farcela. Il gruppo dirigente del Pd è bocciato senza appello.