Le regole per i migranti

L'edtoriale del direttore della "Nazione"

Firenze, 21 ottobre 2018 - Diciamocelo con franchezza, quando vediamo per strada un addetto alle pulizie di colore, con la sua tuta, intento a svolgere il suo lavoro o quando incontriamo un accompagnatore paziente di persone anziane che è arrivato in Italia in cerca di lavoro, o ancora quando seguiamo una squadra di giovani operai, tre bianchi e uno nero, non facciamo distinzioni.

Tutti lavorano e cercano di fare il loro dovere. Non siamo sollecitati da moti di disagio anzi, ne siamo, se non prevenuti per ignoranza, sicuramente compiaciuti. Diverso è quando vediamo altri immigrati bighellonare in giro per le piazze o sfaccendati tra una panchina e un muretto, o quando siamo spesso infastiditi dall’insistenza di venditori o di presidiatori di bar, market e negozi. Ci tranquillizza l’idea di chi è impegnato in un lavoro socialmente utile o in un inserimento nella produzione. Noi italiani, in maggioranza, siamo così.

Brava gente, come titolava un vecchio film. Altro è subire comportamenti illegali se non criminali, piccoli o grandi che siano. Quelli che, aggiunti a quelli dei nostri connazionali, concorrono a far percepire alla fine quello stato di insicurezza che turba il vivere quotidiano, di giorno ma soprattutto di notte. Credo che si debba ripartire da qui, da queste semplici constatazioni, per dare un senso sereno alle regole meno elastiche pensate per il Cas, Centro di accoglienza straordinaria, chiamato a sopperire alla mancanza di posti nelle ordinarie strutture di accoglienza. La decisione della Prefettura di Firenze di anticipare, in inverno, il rientro dei migranti, non più alle 23 ma alle 20, non può essere vista nel suo carattere limitato, isolato dal contesto, ma va inquadrata nella situazione complessiva nella quale, volenti o no, stiamo vivendo.

A chi ha parlato di «coprifuoco» è stato risposto che quelle prese dalla prefettura «sono misure improntate a rafforzare la sicurezza e, allo stesso tempo, a migliorare il sistema dei centri di accoglienza migranti». Per cambiare il rapporto tra la comunità dei residenti e gli immigrati bisogna dare una svolta: sviluppare l’impiego di chi viene a cercare un futuro in Italia in lavori socialmente utili o nella frequentazione di corsi di istruzione e formazione. Regole e impegni lavorativi o di studio potranno così attenuare se non invertire la deriva di tensioni che, se non governate, continueranno a creare incomprensioni e malesseri tra i cittadini e i migranti.

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