Il contropiede di Renzi

L'editoriale

Pierfrancesco De Robertis

Pierfrancesco De Robertis

Firenze, 2 ottobre 2016 - Siccome la necessità affina l’ingegno, Matteo Renzi tenta un paio di mosse per rimettere in equilibrio la barca del «Bastaunsi» pericolosamente inclinata, dimostrando come è nei momenti critici che i leader danno prova del loro valore con lucidità, capacità di cambiare in corsa e coraggio. Tutte armi che in passato l’ex sindaco di Firenze ha mostrato di avere nel proprio arsenale. La prima mossa è aver reso invisibile la ministra Boschi, ormai introvabile come un Gronchi rosa, per evitare che il fuoco amico delle sue gaffes appesantisca inutilmente le ali del SI: lontani dispacci di agenzia hanno segnalato Maria Elena Boschi al largo delle coste sudamericane, e pazienza se la riforma della costituzione sarà la prima approvata con il nome di un ministro che in campagna elettorale si è dissolto per causa di sondaggio maggiore. La seconda è venire a patti con la minoranza interna, promettendo, anzi accordandosi, per una robusta revisione dell’Italicum. 

Quella rivisitazione che Renzi ha sempre rifiutato, alla fine verrà concordata, magari in modo che anche Berlusconi non sia scontento. Due mosse in qualche modo obbligate, che in un attimo potrebbero far risalire l’asticella dei consensi ora leggermente sbilanciata verso il NO e rendere apertissima la sfida di qui al 4 dicembre. Gli elementi che inducono Renzi a tenere comunque duro non mancano. Il premier sconta l’errore di personalizzazione fatto all’inizio e soprattutto una situazione economica che non si smuove e contribuisce al clima di sfiducia mai favorevole per chi è al comando, ma vanta a suo favore l’eccessiva eterogeneità del campo avverso. La riforma Renzi -( ?) non sarà granché ma è comunque una riforma, che svecchia un sistema ingessato, abolisce enti inutili e costosi e soprattutto si contrappone al niente. Il blocco del NO non presenta infatti un modello da contrapporre a quello del governo (presidenzialismo, semipresidenzialismo, proporzionale, collegio uninominale).

E si sa che far presa sugli indecisi (che come sempre decideranno la contesa negli ultimi quindici giorni) funziona più una proposta, bella o meno bella che sia, di una non-proposta, di un nulla. È una legge della fisica prima che della politica. Il NO è tra l’altro un fronte in cui troppi remano in direzioni diverse. Berlusconi dice di essere per il NO in realtà tifa riservatamente per il SI (vedere l’atteggiamento delle reti Mediaset verso il premier) cosciente che la bocciatura della riforma sarebbe la vittoria di Salvini e di Grillo. L’ex comico dispone di una buona massa d’urto ma ha l’handicap del fallimento dell’esperienza romana. Difficile che i moderati, che ad oggi ingrossano le fila degli indecisi, vogliano consegnare l’Italia a un manipolo di dilettanti allo sbaraglio, gente che seleziona la propria classe dirigente con il curriculum inviato per mail e si fa dettare la linea politica da un’anonima società di consulenza. Renzi per molti sarà pure un inconcludente bulletto e la prospettiva di mandarlo a casa alletta tanta gente, ma l’idea di ritrovarsi il 5 dicembre in mano a D’Alema, Brunetta, Salvini, la Camusso e Grillo è uno spauracchio peggiore.

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