TITTI GIULIANI FOTI
Cultura e spettacoli

Maraini, la coscienza delle donne. "Nascere a Firenze: un imprinting"

Una scrittrice, la famiglia toccata dall’arte. I ricordi, presente e futuro

Dacia Maraini

Dacia Maraini

Firenze, 12 giugno 2018 - Il Fiorino della Città di Firenze andrà anche alla più amata delle scrittrici, Dacia Maraini. Un seguito degno di una rockstar, forse per la semplicità del fare e dei modi, la dolcezza nel porsi, l’intelligenza del suo vivere: incuriosce di lei l’approccio alla materia degli affetti. Avverrà il 23 giugno alle 21 San Miniato, come omaggio alle celebrazioni per il Millenario della Basilica.

Maraini, lei è la scrittrice più amata e tradotta all’estero: quanto conta essere parte di una famiglia toccata dall’arte?

«Cerco di essere all’altezza di una famiglia di artisti. Una bisnonna e una nonna scrittrici, un padre etnologo e scrittore. Un nonno scultore, una madre pittrice. Non è facile cogliere un tale peso di eredità creativa».

Ha studiato al Poggio Imperiale ed è nata a Fiesole. Se le dico ‘fiorentinità’?

« Nascere in un luogo è come ricevere un imprinting che agisce sul carattere di una persona. In più ho vissuto a Firenze molto bene gli anni dell’adolescenza ».

Le sue sorelle Yuki e Toni sono nate in Giappone dove vi eravate trasferiti. Siete anche stati tutti internati in campo di concentramento. Il primo ricordo che le viene in mente?

«La fame. Erano anni di fame e il fascismo inquinava l’aria perfino in Giappone. La mia sorella più piccola che doveva chiamarsi Akiko è stata costretta dalle Rappresentanze italiane a chiamarsi Antonella» .

Quanto ha contato per la sua crescita essere fin da giovanissima vicina ad Alberto Moravia?

«Alberto era un uomo dal l’animo buono e gentile. Aveva l’insicurezza che hanno tutti i grandi. Solo i piccoli di cervello non hanno dubbi e si sentono sempre nel vero».

Se dico Pasolini e Callas cosa mi risponde?

«Pasolini amava Maria Callas anche se di un amore platonico. Era incantato da lei e dalla sua voce. Peccato che lei invece volesse un uomo da sposare».

In tutta la sua opera c’è sempre un punto di vista al femminile fin da La Vacanza. L’evoluzione della coscienza collettiva le deve qualcosa?

«Francamente non lo so. Probabilmente ci vorranno anni per capire cosa ha contato e come nel l’evoluzione del pensiero della nostra società».

Riceverà il fiorino d’oro di Firenze. Cosa pensa dei premi?

«C’è premio è premio. Dipende da chi lo dà e come lo dà. Ci sono premi seri che esprimono la stima di una comunità, altri che vengono dati per fare pubblicità a chi li inventa. Comunque i premi seri sono in denaro. Il denaro sta a dimostrare che si investe sul futuro della letteratura e non si crea solo per fare pubblicità».

Ha detto di essere laica e non atea e che crede nell’essere umano.

«E’ così. Ma non ho mai detto che mi sento tagliata fuori dalla fede. La fede è un dono meraviglioso, che non dipende dalla ragione, per questo non si può né comandare né imporre. Ho detto che sono laica ma ho il senso della sacralità dell’essere umano. L’universo rimane un mistero. Ma certo non molto favorevole agli umani».

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