Quando Pasolini recensì Parronchi

Francesco

Gurrieri

Quindici anni senza Parronchi. Se ne andava nel gennaio del 2007, dopo più di un anno di intense sofferenze che lo avevano messo alla prova proprio su quel “coraggio di vivere”, che era stato il titolo di un suo mannello di poesie pubblicate nel 1957: avevano colpito Pier Paolo Pasolini che ne scrisse con lucidità, cogliendone le istanze stilistiche ed etiche; in quei versi trovava un ‘tono originale, basso ma visibilmente elaborato, grigio ma non crepuscolare, discorsivo ma non facile, limpido ma non ovvio’. Alessandro Parronchi (classe 1914, come Luzi e Bigongiari) alla fine degli anni Cinquanta aveva raggiunto una sua solida notorietà sia come poeta che come storico e critico d’arte. Iscritto alla facoltà di lettere nel ’33, si era laureato in storia dell’arte con Mario Salmi, frequentando e stringendo amicizie con Calamandrei, Fortini e Giorgio Spini. Del ’36 son le radici profonde del sodalizio con Vasco Pratolini e con Mario Luzi, che dureranno per l’intera vita. Né mancò la frequentazione e l’attenzione con Ottone Rosai e Mario Marcucci. Betocchi siglerà il suo esordio nella poesia, presentandolo sul ‘Frontespizio’ diretto da Bargellini (1938); seguiranno i versi de ‘I giorni sensibili’e, via via, tutti gli altri preziosi componimenti poetici che lo porteranno a dialogare con Sereni, Caproni, Bertolucci. C’è poi quell’appartenza al decennio dell’ermetismo, con Luzi, Bigongiari e Macrì; quell’ermetismo di cui Carlo Bo definì il perimetro espressivo, etico e cronologico nel suo storico discorso di San Miniato, ‘Letteratura come vita’. La scrittura e la poesia furono le sue ininterrotte compagne di viaggio, che negli ultimi anni riversava nelle pagine del ‘Portolano’, quel periodico di letteratura che amò. Tanto che Arnaldo Pini, il figlio del “sor Gino” delle Giubbe Rosse, che scrittori e poeti conobbe tutti, da Malaparte a Marcucci, ne scrisse per spiegare il mutamento verso il classicismo della sua poesia. Nel gennaio 2006 i suoi ultimi versi: "O frammenti rimasti a me di vita a cui è tanto difficile afferrarsi...".

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