Firenze, donna incinta morì a Careggi, sono sette gli indagati

La tesi della procura : "L’eparina avrebbe potuto salvarla. Violate le linee guida"

Mattea Masciaveo, la donna di 30 anni, incinta, morta a Careggi nel febbraio del 2018

Mattea Masciaveo, la donna di 30 anni, incinta, morta a Careggi nel febbraio del 2018

Firenze, 27 marzo 2019 - La somministrazione di eparina, dodici ore prima dell’intervento, avrebbe potuto salvare Mattea Masciaveo, la donna di appena 30 anni, incinta di 27 settimane, morta il 13 febbraio dell’anno scorso a Careggi?

Sarà un incidente probatorio, disposto dal giudice Federico Zampaoli, a stabilirlo. Per il decesso della Masciaveo, originaria di Cerignola (Foggia), la procura ha iscritto sul registro degli indagati le sette figure sanitarie che si sono occupate della paziente nel corso del suo ricovero, iniziato il 6 febbraio dell’anno scorso, presso il reparto di ginecologia e ostetricia dell’ospedale fiorentino.

Mattea, obesa, aveva programnmato un’operazione in laparoscopia di colecistectomia, ma all’improvviso la situazione precipitò. L’autopsia ha stabilito che ad ucciderla è stato un arresto cardiaco causato da un’embolia polmonare massiva che ha avuto origine da una trombosi dell’arteria basilica di destra.

Gli accertamenti disposti dalla procura hanno altresì scoperto che alla paziente non era stata somministrata la terapia antitrombotica: dodici ore prima dell’intervento, stabiliscono le linee guida per la profilassi per un tipo di paziente obeso, la donna avrebbe dovuto assumere la prima dose di eparina a basso peso molecolare. La donna era anche in stato interessante ed aveva accusato, poco tempo prima del suo ingresso in ospedale, una pancreatite acuta. Ma soprattutto, evidenzia la procura, due giorni prima della morte era stato riscontrato un gonfiore al braccio destro dove era stato inserito, nella vena basilica, il «midline», un catetere venoso. Gli esperti che compariranno nell’incidente probatorio – ieri hanno chiesto una proroga per il deposito delle loro conclusioni – dovranno dire se la mancata prescrizione della terapia antitrombotica da parte dei sanitari «che hanno programmato, svolto attività di consulenza ed eseguito l’intervento chiururgico abbia avuto una incidenza causale nel decesso della paziente».

Sul registro degli indagati sono stati iscritti tre ginecologi, due consulenti anestesisti, un gastroenterologo, e un chirurgo, avvicendatisi nella gestione della paziente. Venne tentato anche un parto cesareo d’urgenza per salvare il feto che aveva in grembo. Ma anche questo tentativo, come tutte le manovre di rianimare la donna, è stato vano.

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