Firenze, omicidio-suicidio."L'ammazzo e poi mi uccido": messaggi Whatsapp choc con l'amico

La ricostruzione delle ultime ore di vita di Mattia Di Teodoro

Mattia Di Teodoro e Michela Noli

Mattia Di Teodoro e Michela Noli

Firenze, 17 maggio 2016 - Quando Mattia ha cominciato a dettagliare all’amico il suo piano assassino, quella chat pareva quasi uno scherzo. Invece, ogni passaggio dell’esecuzione che aveva in mente, per lei e poi per lui, era stato pianificato. Anche tramite una ricerca su internet. Parola chiave: uccidere con un coltello. Non scherzava. E scriveva. Nella conversazione su Whatsapp ma anche su quel pezzo di carta, scuse alle famiglie e testamento per i suoi amati animali.

Aveva appuntamento con lei, l’adorata Michela non più sua. Il pretesto era quello di restituirle delle cose; il progetto, follemente lucido, era di farla finita. O con lui o niente. Ha scelto niente, decidendo anche per lei. Venti fendenti carichi di rabbia, l’odio che ha preso il posto dell’amore e cancellato due anni esatti di matrimonio, e cinque di fidanzamento. La furia cieca di Mattia Di Teodoro, 33enne fiorentino di buona famiglia robusto e geloso, contro la hostess di Peretola Michela Noli, due anni più giovane, bionda e graziosa.

Indifesa e sorpresa. Straziata e strappata al futuro, qualunque esso fosse.

«L’ho ammazzata», è l’ultimo frase per il fraterno amico Giovanni, testimone virtuale dell’omicidio-suicidio di via dell’Isolotto, al termine di una giornata di invii farneticanti ma drammaticamente veri in quella conversazione che i detective della sezione omicidi della mobile, coordinati dal vicequestore Alessandro Ausenda e dalla collega Maria Assunta Ghizzoni, hanno acquisito e messo sul tavolo del pm, Vincenzo Ferrigno.

E quando Di Teodoro non ha risposto più, sono sparite le faccine ad intervallare quella chiacchierata surreale, e sono iniziate le telefonate al 113. Si stava concludendo la domenica, e le due giovani vite erano già spezzate, o comunque compromesse. In via dell’Isolotto, vicino al golf, la polizia ha trovato la Citroen bianca.

L'abitacolo è lo scenario della mattanza. L’auto è chiusa da dentro, con entrambe le chiavi, secondo il disegno scolpito nella testa ormai persa, forse perché lei non potesse fuggire.

Michela al posto del passeggero, Mattia alla guida, come nelle gite di una volta. Gli investigatori – che hanno rotto il finestrino per entrare in quella prigione di lamiera –, oltre al sangue, si sono trovati davanti la soluzione del caso. Nel telefono di lui, dov’era scandita punto per punto la sua intezione di uccidere e uccidersi. Poi a casa, dove Di Teodoro aveva preso i tre coltelli (ne ha usati due) scelti per il piano. Nell’abitazione, zona Careggi, in cui la coppia aveva vissuto circondata da cani e gatti, il suo “testamento”.

Di Teodoro si scusa con i suoi, con gli ex suoceri, con gli amici. «La mia vita appartiene a lei, così non posso andare avanti», sentenzia. La mattina aveva seguito la sua ex all’uscita da lavoro e aveva avuto conferma della sua nuova relazione. Era sceso, si erano parlati anche davanti al compagno di lei, Matteo, che resterà impietrito sotto la pioggia battente a guardare il corpo di Michela svuotato dell’alito di vita.

Sembrava che la fine del matrimonio fosse metabolizzata: dopo l’incontro mattutino, l’aveva salutata con una pacca sulla spalla, quasi ad augurarle buona fortuna. Ma forse, accecato dalla gelosia, non accettava che lei potesse diventare di un altro. E così, a parte un pranzo con gli amici, Di Teodoro passa il pomeriggio a scrivere il suo destino. Parla con l’amico, gli annuncia che «la voglio ammazzare e poi mi uccido».

Giovanni lo dissuade, a tratti sembra riuscirci, ma la testa di Mattia è nel vortice del delirio.

Contatta la hostess, le dice che le ha preparato delle cose. Alle 22 circa è sotto casa dei genitori di lei, in via Maccari, all’Isolotto. Lei scende, in macchina c’è davvero una valigia con i vestiti rimasti nella bella casa di Careggi. Ma Mattia, il «ragazzo tranquillo e mite», le chiede di stare un po’ a parlare. Si appartano a poche centinaia di metri, nel frattempo dallo smartphone parte l’ultimo messaggio a Giovanni. Drammatico. Inappellabile.

Giovanni chiama la polizia. Si cerca una macchina, una coppia. Quando le volanti, che perlustrano freneticamente l’Isolotto, individuano la Citroen, la mattanza è compiuta.

è arrivata su WhatsApp

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