
L’economista Buti Una fase decisiva "Serve una crescita di produttività"
Le sfide di policy in Unione europea e i riflessi per l’economia italiana. Questo il titolo della lectio magistralis che il professore Marco Buti, economista, capo
di gabinetto del commissario dell’economia alla Commissione europea, terrà oggi alle 16 a Palazzo Incontri.
Ad aprire i lavori sarà il presidente di Fondazione CR Firenze Luigi Salvadori, l’introduzione sarà invece a cura di Alessandro Petretto, professore emerito dell’Università di Firenze. Commentano Gregorio De Felice, capo economista di Intesa Sanpaolo, e Albiera Antinori, presidente della Marchesi Antinori e membro del consiglio di amministrazione di Fondazione CR Firenze.
Di Buti, nato a Molino del Piano, sta per uscire a marzo il libro "Jean Monnet aveva ragione? Costruire l’Europa in tempi di crisi", in cui ripercorre l’esperienza come direttore generale degli affari economici e finanziari e capo di gabinetto del commissario Paolo Gentiloni. Un’esperienza quindicennale che rappresenta un osservatorio privilegiato per comprendere dov’è e dove va l’Europa.
Quali sono le sfide dell’Ue di cui parlerà nella lectio magistralis?
"A breve termine ci sono quattro grandi sfide: il rischio di stagflazione, cioè inflazione elevata e crescita bassa, e quello della frammentazione finanziaria, perché potrebbero riemergere gli spread e alcuni Paesi potrebbero entrare nel mirino dei mercati. La terza sfida è quella della doppia transizione, cioè verde e il digitale, che richiedono notevoli investimenti nell’arco dei prossimi dieci anni, la quarta è la competitività, in particolare nella risposta alle misure protezionistiche degli Stati Uniti, con quello che si chiama l’Inflation reduction act".
L’Italia sarà in grado di affrontare tutto questo?
"Se si tratta di una sfida epocale per l’Europa, per l’Italia è una sfida al quadrato. Rispetto alla stagflazione, il nostro Paese deve abbracciare il sentiero di crescita di produttività, che è il tallone di Achille dell’economia italiana. Il rischio di frammentazione finanziaria è più alto nei paesi più fragili, e in particolare, quindi, in Italia. Per questo è necessario tenere la barra dritta sulla riduzione graduale, ma credibile del deficit e del debito pubblico. Per quanto riguarda la doppia transizione, l’Italia fa bene sulla transizione verde, è in ritardo sul piano dell’innovazione tecnologica. Per questo per il nostro Paese il Pnrr è un’importante opportunità. E l’alto debito pubblico impone scelte ancora più stringenti sull’allocazione delle risorse".
C’è però intanto una buona notizia. Siamo fuori dalla recessione...
"Le previsioni economiche d’inverno relative al biennio 2023-2024 danno notizie buone e meno buone. Le buone sono in effetti che l’economia europea e quella italiana sono riuscite ad evitare la recessione. Un mercato del lavoro solido, dove il tasso di disoccupazione è basso, attorno al 6%, la riduzione della dipendenza dalle fonti energetiche soprattutto russe, la stabilità del sistema finanziario hanno creato le condizioni per una crescita che rimane positiva, anche se in forte rallentamento. I rischi per il 2023 e 2024 ci sono, ma la situazione economica risulta più favorevole rispetto a novembre-dicembre".
Quali sono le notizie meno buone?
"Resta la preoccupazione per l’inflazione. Il picco, pari al 10,6%, è stato raggiunto a ottobre scorso e dunque ce lo siamo lasciati alle spalle. L’inflazione sta scendendo. Nel 2022 è stata in media dell’8,4% e si prevede che continui a ridursi nei prossimi mesi. Entro il 2024 non si tornerà però all’inflazione del 2%, che è l’obiettivo della Bce, e perciò c’è da attendersi che i tassi di interesse continuino ad aumentare nei prossimi mesi. Sarà però più una normalizzazione che una stretta monetaria brutale, in particolare se politiche fiscali prudenti e riforme strutturali coraggiose agevoleranno il compito della Bce".
Monica Pieraccini