Una notte da buttafuori tra ubriachi e risse. "Ecco lo sballo in pista"

Movida fuori controllo. Dopo il caso-Manduca, abbiamo documentato il lavoro della security nei locali

Buttafuori

Buttafuori

Firenze, 19 maggio 2018 - La movida fiorentina è fatta anche di bravi ragazzi. Ma purtroppo oggi non parliamo di loro. Di quelli che si divertono e tornano a casa. Non parliamo di quelli che fanno a turno per non bere e lasciano guidare l’unico sobrio, stanno insieme e si godono Firenze. La notte invece appartiene a un campionario umano piuttosto al ribasso, che rischia di inquinare tutto: ubriachi, impasticcati, prepotenti. Visti con gli occhi degli addetti alla sicurezza, ogni notte, alla porta dei locali dove si va a ballare. Sale al chiuso o all’aperto ora che arriva l’estate e tanta più gente esce di casa. «Ogni notte – racconta Pierluigi Tarchi, titolare della Secur & Secur, una delle sette agenzie che si occupano di sicurezza a Firenze – ci sono quattro o cinque situazioni ‘tese’ dentro ogni locale notturno. E degli addetti, quelli che lavorano alla porta sono i più sollecitati. Quando arrivano i problemi, gli operatori hanno l’obbligo di chiamare le forze dell’ordine. Se non lo fanno sbagliano».

Dopo l’ultimo fatto di cronaca, con una discoteca chiusa per l’aggressione di un cliente da parte dei buttafuori, abbiamo fatto un giro tra i locali fiorentini per vedere quello che succede. A darci il quadro della situazione, Pierluigi Tarchi, ex ispettore di Polizia, uomo tra i più esperti in città nella gestione della sicurezza e dell’ordine pubblico nel settore dell’intrattenimento. In città sono circa 300 gli addetti iscritti nel registro del Prefetto. Hanno un contratto da 40 ore settimanali e una paga base di 6,5 euro l’ora più notturni e festivi. La paga media mensile si aggira sui 1.500 euro. Alla porta di una discoteca si presenta di tutto: gioventù con voglia di bruciare le tappe, Firenze bene, tipi senza scrupoli, bravi ragazzi, amiche in gruppo.

Fuori dal locale arrivano tutti alla stessa ora (tarda) e fanno ressa per entrare. L’ubriaco, il tossico che ha appena ‘calato’ un acido o sniffato cocaina, l’arrogante. L’addetto alla sicurezza li guarda, li valuta, poi decide se farli entrare o meno. Chi resta fuori comincia a lamentarsi; i toni diventano poco civili quasi subito: «negro» se l’addetto è di colore, è l’insulto più usato; «pelato» per chi ha i capelli rasati. Passare dagli insulti alla violenza è un soffio. Come si deve fare? «La selezione alla porta – ha detto Tarchi – è uno dei momenti più delicati nella gestione di questi servizi. Chi la fa deve stare molto attento. E la formazione è uno degli strumenti più importanti per evitare la violenza. Serve però anche una maggiore sensibilizzazione sui titolari dei locali. Che spesso preferiscono assoldare in proprio gli addetti».

COME MAI? «Le agenzie – ha aggiunto Tarchi – sono obbligate a segnalare ogni giorno a Questura e Prefettura dove lavorano i singoli addetti; hanno obblighi che derivano dalla licenza attribuita dal Prefetto, tra cui quello di chiamare le forze dell’ordine in caso di problemi. Alcuni titolari preferiscono il buttafuori classico, perché chi avverte polizia o carabinieri getta una cattiva luce sul locale. E non è facile chiedere di chiudere un occhio a chi lavora per un’agenzia, che sa che per questo genere di omissioni rischia di perdere l’autorizzazione. Meglio un buttafuori ‘a chiamata’, facile da reclutare e mandare a casa se non piace». Un lavoro delicato. Ma in mezzo c’è il popolino della notte. Quello che dopo le 3 chiede da bere benché sia vietata la vendita di alcolici o che aspetta lo spacciatore nell’angolo più buio del locale. Una guerra notturna che per ora non sembra avere una fine.

Fabrizio Morviducci

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